Come mai il lander Philae a molte ore dal primo storico sbarco sul nucleo della cometa, celebrato anche da Google con un “doodle” realizzato per l’occasione, non ha ancora mandato le prime foto della superficie, com’era invece previsto? Perché gli arpioni che dovevano ancorarlo saldamente alla superficie sembrano non aver funzionato a dovere? Sono i primi interrogativi cui gli scienziati della missione Rosetta dell’Agenzia spaziale europea (Esa) stanno cercando in queste ore di dare una risposta.
“Sapevamo quanto fosse complicato sbarcare su una cometa, ma non pensavamo lo fosse altrettanto capire com’è avvenuto lo sbarco – commenta Stephan Ulamec responsabile di Philae – è come se in questa storica giornata fossimo sbarcati due volte. Sembra, infatti, che Philae, prima di posarsi sulla superficie cometaria, abbia fatto un piccolo rimbalzo al suolo. Non sappiamo ancora come sia avvenuta la discesa, come non conosciamo le caratteristiche del luogo esatto dello sbarco. Possiamo, però, affermare – sottolinea lo scienziato – che il lander non è ancorato alla superficie, a causa di un problema agli arpioni. Potrebbe non essere importante, qualora lo sbarco fosse ad esempio avvenuto su un terreno piuttosto soffice. Ma – chiarisce Ulamec – la certezza potrà darcela solo l’analisi dei primi dati inviati a Terra attraverso la nave madre Rosetta. Stiamo vedendo cose che non capiamo ancora del tutto. Del resto – sottolinea il manager di Philae – se l’impresa fosse stata facile, non si sarebbe trattato di scienza spaziale”.
Gli studiosi dell’Esa, dopo gli abbracci e i brindisi seguiti al primo segnale – captato dalla stazione Esa di Malargüe, in Argentina, e quella Nasa di Madrid – con il quale Philae ha comunicato di aver toccato il suolo cometario, provano a fare il punto sulla giornata storica appena trascorsa. “Abbiamo perso il collegamento radio prima del previsto – spiega Paolo Ferri, a capo delle operazioni della missione – per alcune ore il lander non sarà in contatto con la Terra. Intanto, impiegheremo questo tempo per studiare bene i dati della telemetria”. “Siamo in un mondo sconosciuto – gli fa eco Enrico Flamini – coordinatore scientifico dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) – ma la cosa importante è che siamo sulla cometa, anche se – conclude lo studioso italiano – non conosciamo ancora bene i dettagli della fase finale della discesa di Philae”.