L'intesa è arrivata dopo una trattativa di 12 ore e ora saranno i lavoratori a esprimersi attraverso un referendum. Lo stabilimento di Crespellano (Bologna) è occupato da settimane per protesta contro gli annunci di licenziamento
Si apre un primo spiraglio per i lavoratori della Titan, la fabbrica di Crespellano, in provincia di Bologna, da settimane occupata per protesta contro l’annuncio di chiusura e licenziamento del personale. La Fiom infatti ha annunciato, attraverso una nota stampa, il raggiungimento di un’ipotesi di accordo “per garantire la tutela occupazionale per tutti gli operai di Crespellano”. Un’intesa arrivata dopo una trattativa fiume, durata 12 ore e terminata nella notte tra martedì e mercoledì 12 novembre, e che ora dovrà passare al vaglio dell’assemblea dei dipendenti.
“L’ipotesi – spiega il sindacato delle tute blu – scongiura i licenziamenti, individuando come unico criterio per la gestione della procedura di mobilità quello delle uscite volontarie ed incentivate: prevede un contributo massimo di 45mila euro per i lavoratori che decidono di aderire al percorso di uscita entro il 10 dicembre 2014”. Anche il trasferimento dei lavoratori da Crespellano a Finale Emilia, dove c’è l’altra sede della multinazionale, sarà gestito dando priorità a chi si vuole spostare volontariamente. Ma include anche il pagamento dei costi di trasporto per i pendolari che risiedono nei comuni vicini a Crespellano.
L’impatto occupazionale, garantisce il sindacato, sarà pari a zero. Secondo quanto riporta la Fiom, l’azienda infatti si è impegnata per proporre ai lavoratori che non accetteranno l’idea del trasferimento o dell’uscita volontaria, un altro contratto a tempo indeterminato, in un’azienda che si trovi entro venti chilometri dalla residenza del lavoratore o dalla sede dello stabilimento Titan della Valsamoggia. Viene confermata poi la permanenza nel sito bolognese del settore freni e degli uffici generali. Aree che impegnano in tutto 56 lavoratori.
L’ultima parola spetta adesso ai dipendenti, che diranno la loro con un referendum. Si tratta comunque del primo passo avanti di una vertenza delicata, che fin da subito ha visto un duro muro contro muro con i vertici italiani della multinazionale americana. A ottobre, infatti, appena saputo dell’intenzione di chiudere lo stabilimento della Valsamoggia, aprendo la procedura di mobilità per quasi 200 persone, gli operai avevano deciso di avviare in un’assemblea permanente. In altre parole, un’occupazione della fabbrica, giorno e notte, per non fare uscire nemmeno un camion dai cancelli.