“Per chi può convergere in via Tracia, sgombero di una donna in corso, compagni già presenti”. Il messaggio corre su Facebook. È l’11 novembre. “Mattinata di resistenza in largo Fatima, solidali impediscono lo sgombero di una famiglia. Non facciamoci intimidire, uniti si vince!”. È il 10 novembre. Voci dell’antagonismo milanese che da mesi si batte per le occupazioni. Battaglia che spesso sfocia in atti criminali come successo due giorni fa al quartiere Corvetto quando un gruppo di incappucciati ha fatto irruzione all’interno di un circolo del Pd gettando nel panico una ventina di anziani tutti residenti nelle case popolari di via Mompiani.
Gli 007: “Potenziali spinte ribellistiche degli antagonisti”. E così, se da un lato l’agenda della cronaca ogni giorno registra tensioni e violenze, dall’altro il problema della casa viene preso in grande considerazione dai Servizi segreti italiani. Tanto che in un’inedita nota del marzo scorso, gli 007 dell’Aisi sottolineano “il particolare rilievo mobilitativo” che “ha assunto la questione abitativa, ritenuta strategica e trainante per lo sviluppo del conflitto sociale”. Un vero e proprio allarme quello lanciato dai servizi e che fotografa l’attuale situazione milanese. “La lotta per la casa – si legge – si è estesa a tutto il contesto nazionale, con occupazioni di edifici in disuso sia come alloggi per famiglie in difficoltà, immigrati e studenti, sia quali possibili sedi di attivismo politico”. E ancora: “La campagna di protesta costituisce, nell’ottica antagonista, un importante fattore di ricomposizione del dissenso, con potenziali spinte ribellistiche”.
L’immobiliare “rossa” e i 200 sgomberi annunciati. A Milano l’area dell’autonomia, vicina al movimento No Tav, sempre più si lega (sotto sigle diverse e non sempre individuabili) alla lotta per la casa. Sulle mappe della Digos e del Nucleo informativo dei carabinieri, aumentano le bandierine dei comitati popolari per la casa dietro ai quali agiscono gli anarchici. Succede al Ticinese in via Gola, al Lorenteggio, in zona Calvairate e recentemente proprio al Corvetto dove in via Ravenna 40 si sono stabiliti gli anarchici della “Rosa Nera”. Secondo fonti investigative, inoltre, l’attuale movimento – messi in secondo piano i capi storici – registra un seguito preoccupante che potrebbe avere ricadute durante i cortei per lo sciopero generale di venerdì.
L’obiettivo, infatti, è quello della “ricomposizione del dissenso” e della riconquista della piazza durante le manifestazioni. Tra la teoria e la pratica c’è, poi, la cronaca. Che, sul fronte dell’autonomia, ragionano gli investigatori, racconta di come spesso le occupazioni vengano favorite per ottenere in cambio persone da mandare in piazza durante le manifestazioni. In molti casi, poi, gli stessi anarchici coprendo l’ingresso abusivo, ad esempio di famiglie rom, ottengono in cambio mano d’opera per aprire nuovi appartamenti. È “l’immobiliare rossa” per la quale il problema non sono le occupazioni ma le case vuote.
Gli autonomi sui profili Facebook così fanno di conto e denunciano i costi esorbitanti dei duecento sgomberi annunciati dal prefetto per la prossima settimana. La moltiplicazione è semplice: se per ogni sgombero si spendono dai 5 mila ai 10 mila euro, il prezzo complessivo di questa operazione supera il milione di euro di denaro pubblico. Con un solo risultato: lasciare in strada decine di famiglie. E, del resto, gli appartamenti vuoti rappresentano un problema reale. Oggi a Milano sono venti i palazzi di edilizia popolare lasciati sfitti. Alcuni, come la residenza universitaria nel quartiere Stadera, è in stato di abbandono dal 2012 dopo essere stata ristrutturata. Mentre in via dei Panigarola, in zona Corvetto, un intero stabile, ultimato per il 90 per cento, è vuoto da due anni.
I Comitati contro gli abusivi. L’azione dell’antagonismo, giocata sulle occupazioni, coesiste con i comitati di cittadini residenti nei quartieri popolari, i quali, nel pieno rispetto della legge, si battono contro gli abusivi. Succede nel lotto di case tra via Segneri, piazza Tirana e via Odazio. Qui il comitato Drago (Dare risposte al Giambellino ora), composto per lo più da residenti della zona che denunciano il degrado, si scontra con il comitato “Base di solidarietà popolare”, molto più vicino al movimento autonomo. Su questo fronte ecco il ragionamento di Mary. “Non siamo tutti criminali – dice – io non ho occupato la casa di nessuno, era vuota già da tre anni”. Succede al Giambellino. Si replica al quartiere San Siro, sedicimila abitanti nelle case popolari dell’Aler. “Una città nella città”, dice Lucia Guerri che qui in via Mar Ionio ci abita dal 1939. A luglio, dopo l’ennesima occupazione, ha radunato una ventina di donne. “Protestiamo e denunciamo”, dice. “Lo scorso ottobre due egiziani stavano sfondando la porta, noi donne siamo scese in cortile urlando, i due alla fine sono scappati”. Donne eroiche. “Ormai – prosegue Lucia – non sai più chi hai come vicino di casa, ogni giorno lottiamo con gli abusivi, sembra di essere tornati ai tempi della guerra”. Lucia, però, è ottimista. “La Regione deve affittare le case vuote. Noi andiamo avanti e da qualche tempo al nostro movimento si sono aggregati dei giovani”. Linfa nuova come Gabriella Crippa, 26 anni. “Ci aiuta con le email e tiene i rapporti con l’assessore”. Ma anche qui, a San Siro, la lotta legale si scontra con il movimentismo anarchico che fa riferimento al centro sociale il Cantiere e allo spazio di via Micene, dove è stato aperto lo sportello “il-legale”. Insomma, il problema delle case popolari se da un lato alza l’allarme eversione, dall’altro fotografa il disastrato tessuto sociale di una città che corre dritta verso l’Expo 2015.
da “il Fatto Quotidiano” del 13 novembre 2014