Nella Stabilità non viene rifinanziato il fondo per il collocamento lavorativo, proprio mentre una relazione al Parlamento rileva che le assunzioni sono al minimo storico. Ma esistono modelli alternativi
Nessun rifinanziamento per il fondo che sostiene il collocamento lavorativo delle persone con disabilità, previsto dalla legge 68 del 1999. A denunciarlo sono le associazioni per i diritti dei disabili, che hanno rilevato come nella legge di Stabilità ora all’esame delle commissioni Bilancio di Camera e Senato non siano previsti stanziamenti ad hoc. Il Fondo, già ridimensionato pesantemente nel 2011 e 2012, l’anno scorso era stato portato a 12,6 milioni, saliti a 21,8 nel 2014 dopo che la Commissione europea aveva richiamato l’Italia per inadempienza nel garantire parità di trattamento ai lavoratori disabili. “Il fatto che nella manovra non ci sia nulla è un brutto segnale”, spiega Carlo Giacobini, esperto legislativo della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish). “Ma durante l’incontro di martedì 4 novembre il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ci ha assicurato che farà il possibile perché si rimedi con un emendamento durante l’iter parlamentare del ddl”.
La notizia arriva, tra l’altro, proprio mentre la settima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 68 rileva che lo scorso anno le assunzioni di persone con disabilità sono scese al minimo storico: 18.295 contro le oltre 22mila del 2012. Questo a fronte di una platea di oltre 670mila lavoratori iscritti agli elenchi del collocamento obbligatorio. In pratica solo uno ogni 37 riesce a trovare una collocazione. In più, aggiunge Giacobini, aumentano anche nel settore pubblico le “scoperture”, cioè i posti di lavoro riservati ai disabili che restano vacanti. Infatti oggi, in base alla legge, le aziende e gli enti che per le caratteristiche della loro attività o per situazioni contingenti non riescono a inserire nell’organico il numero previsto di persone con disabilità (una se il numero complessivo di dipendenti è inferiore a 35 dipendenti, due tra 35 e 50, il 7% del totale oltre i 50) possono chiedere un esonero parziale, sborsando in cambio 30,6 euro al giorno che finiscono nel Fondo regionale per l’occupazione dei disabili. E non mancano nemmeno i casi in cui gli obblighi non vengono rispettati tout court, contando sul fatto che il numero di sanzioni per violazione della legge 68 è molto basso: nel 2013 sono state solo 159 in tutta Italia. Per non parlare della beffa delle offerte impossibili perché evidentemente incompatibili con una condizione di disabilità.
In questo quadro, qualche amministrazione sta cercando di mettere in campo modelli alternativi. La provincia di Lecco, che vanta una delle percentuali di rispetto della norma più alte d’Italia, si è inventata qualche anno fa l’adozione lavorativa. Obiettivo, riuscire a inserire in un contesto di lavoro anche i disabili più deboli, quelli cioè con invalidità mentali o funzionali gravi, che con il meccanismo dell’esonero finiscono quasi sempre per rimanere in carico alla famiglia o ai servizi sociali o socio-sanitari. E si tratta di una platea tutt’altro che piccola: a Lecco il 40% degli iscritti negli elenchi del Servizio collocamento. Di qui l’idea del nuovo strumento, l’adozione appunto. Nel comune lombardo le imprese, invece che “pagare per non assumere”, possono sottoscrivere con il Servizio un protocollo che prevede il versamento di un contributo di 6.500 euro l’anno con cui viene finanziata una borsa lavoro destinata all’inserimento del disabile in un’altra società, in un ente pubblico o in una cooperativa. Tradotto: l’azienda paga meno di quanto dovuto per l’esonero e al tempo stesso sostiene il collocamento di una persona con disabilità in un contesto più adatto rispetto alla propria organizzazione produttiva.“Per esempio una biblioteca, la squadra di calcio cittadina, una parrocchia ma anche la segreteria di un’impresa”, spiega Marino Bottà, responsabile del Servizio collocamento disabili di Lecco. “Dipende da inclinazioni e passioni dell’interessato: per ognuno cerchiamo una soluzione su misura. L’importante è che sia un’occasione di integrazione sociale e aumenti il benessere dell’interessato”. Il quale riceve 250-300 euro al mese: la cifra viene modulata in modo da non superare il tetto che farebbe venir meno il diritto all’assegno di assistenza o alla pensione di invalidità. Chi lo ospita, l’anno scorso si è trattato soprattutto di cooperative sociali, scuole e enti pubblici, seguiti da aziende e associazioni,ha invece diritto a un contributo di 500 euro l’anno.
Tra il 2005 e lo scorso anno sono state attivate 963 adozioni, con numeri in costante crescita: nel 2013 gli inserimenti con questa modalità sono stati 201, contro 287 con la formula tradizionale e le borse lavoro erogate hanno superato i 410mila euro. Ora il caso Lecco sta facendo scuola: da ottobre, spiega Bottà, le province di Bergamo e Mantova hanno iniziato ad attrezzarsi per adottare lo stesso modello. E sono previsti altri incontri con i rappresentanti delle altre province lombarde che potrebbero seguire la stessa strada.