L’opposizione all’euro in Italia è diventata compulsiva. Ci si oppone all’euro per dire no all’austerità, alla disoccupazione, alle banche e a tutto quello che è percepito come un’imposizione tirannica dall’alto. Ma uscire dalla moneta unica è davvero la panacea per tutti i mali?
Tocchi l’euro e molti si arrabbiano. Lo difendi e vanno su tutte le furie. Adesso non è mia intenzione né difendere né attaccare la moneta unica, ma ci tengo a fare una riflessione: l’economia è in crisi, la disoccupazione galoppa, molte decisioni sono ormai prese chissà dove. Ma è davvero uscendo dalla moneta unica che la situazione migliorerebbe?
Certo, attaccare l’euro è facile, lo capiscono tutti: prima una cosa costava mille lire e adesso costa un euro. Tutto è aumentato tranne gli stipendi da quando c’è l’euro. Insomma si stava meglio con la lira. In realtà le cose sono un po’ più complesse, e proprio per questo non è così facile spiegarle.
Come non è facile spiegare la serie di misure sulle quali si sta lavorando a Bruxelles per stabilizzare l’economia europea, evitare nuovi terremoti finanziari come quello del 2008 e prevenire salassi terribili come quello imposto al popolo greco. Si tratta di misure complesse per chi le sta realizzando, complicate da comunicare per i giornalisti e, figuriamoci, difficilissime da capire per l’opinione pubblica. Si tratta, ad esempio dell’emissione di eurobond (debito condiviso tra i Paesi dell’area euro), di project bond (prestiti della Bei vincolati a determinati investimenti), unione bancaria (che prevenga il collasso di interi istituti come successo in Spagna), unione fiscale (misure armonizzate per evitare paradisi fiscali nel cuore dell’Ue come il Lussemburgo), un unico meccanismo di salvataggio europeo (condiviso per evitare che i Paesi più forti impongano la propria volontà), una Banca centrale europea vera e propria (che agisca come la Fed americana) e tanto altro.
Si tratta di misure che partono da una base comune – come una moneta e le istituzioni europee – e cercano di colmare le lacune che in questi 60 anni di Ue hanno contribuito a causare qualche disastro – assurdo lanciare un’unione monetaria prima di un’unione politica. Si tratta di misure, insomma, che guardano avanti, al futuro, e non indietro, al passato, con uno sguardo nostalgico verso una realtà che c’era una volta e che, molto probabilmente, oggi non funzionerebbe più.
Purtroppo catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica su queste misure non è facile vista la loro complessità. Molto più facile darle un nemico comune, l’euro, il capro espiatorio di tutti i mali. Eppure di attenzione ce ne vorrebbe molta, per assicurare il fatto che queste misure siano attuate nel modo giusto, per evitare davvero il ripetersi di futuri dissesti economici e non proteggere i soliti interessi. Un ruolo fondamentale in questo potrebbero giocarla i leader politici e gli opinion leader, che invece che guardare ai sondaggi e offrire al loro popolo facili nemici da combattere dovrebbero fare in modo che mettano la stessa passione nelle battaglie giuste e che servono davvero.
Certo, guardare al passato è più facile, distruggere è più facile che costruire e poi vuoi mettere il complottismo? Eurotroll, giornalisti, partito unico dell’euro… tutti membri della stessa casta… peccato, perché di lavoro serio da fare ce n’è davvero tanto.
@AlessioPisano
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