“Ho saputo più di un anno dopo grazie a giornali e tv, quando è scattata l’operazione il 23 gennaio 2013, il motivo per cui ho la scorta”. A parlare è il giornalista de La gazzetta di Modena Giovanni Tizian che in Tribunale a Bologna ha testimoniato nell’ambito del processo denominato Black Monkey, dal nome dell’operazione che portò alla luce un giro d’affari legato al gioco d’azzardo da 90 milioni di euro tra Italia, Gran Bretagna e Romania. Il cronista sotto protezione ha testimoniato seduto a pochi passi dal boss Femia. Durante la deposizione il boss non ha mai smesso di guardarlo, mentre Tizian gli ha sempre dato le spalle. Il processo è il primo in Emilia-Romagna sulle mafie e i loro affari illeciti con slot e videolottery e il giornalista si è costituito parte civile assieme alla Regione Emilia Romagna, il Comune di Modena, Sistema gioco Italia e l’Ordine dei Giornalisti.
Tre anni fa la telefonata che cambiò la vita di Tizian: “Sto giornalista se ci arriviamo o la smette o gli sparo in bocca e finita lì”. A parlare, intercettati dalle forze dell’ordine, erano il faccendiere Guido Torello e il boss Nicola Femia, detto Rocco, ritenuto dai magistrati antimafia vicino alle ‘ndrine calabresi, e a capo di un’organizzazione che in Emilia Romagna faceva profitti con le slot machine truccate e il gioco d’azzardo web illegale. Inchieste che tra il 2010 e il 2011 lo portarono a tracciare una linea di collegamento tra la mafia calabrese, il nord dell’Italia e, appunto, il gioco d’azzardo. Trasformandolo in una persona sgradita al clan, al boss Femia, che in quella telefonata, intercettata nell’ambito della maxi inchiesta, si lamentò degli articoli di Tizian con Torello, autore della minaccia.
“Il 23 ottobre 2010 – ha ricordato in aula Tizian – firmai la mia prima inchiesta sul gioco illegale, e sulle modalità con cui il clan dei Casalesi, la ‘Ndrangheta e Cosa Nostra controllavano le società di noleggio delle slot machines. Citai Femia come socio occulto di una ditta di gioco online e in relazione alla gestione di bische clandestine nella provincia di Modena, individuate nell’ambito dell’indagine Medusa”. Il nome del boss, poi, Tizian lo scrisse sul giornale una seconda volta: “Il 17 dicembre del 2011 – ha spiegato – l’articolo si intitolava ‘Modena, terra d’affari per i clan dei videogames’. Femia venne citato sempre in relazione all’indagine Medusa, che aveva come oggetto i Casalesi nel territorio modenese”.
E sarebbero stati proprio quei due articoli, sui quali Tizian è stato chiamato a testimoniare nel corso del maxi processo a dare fastidio al boss Femia. “Fino a quel momento – ha spiegato infatti Tizian – non avevo ricevuto alcuna minaccia. Cinque giorni dopo la pubblicazione del secondo articolo, il 22 dicembre 2011, invece, il mio cellulare squillò: era un dirigente della Squadra mobile di Modena, che mi informava che era stato disposto per me un servizio di protezione in qualità di persona esposta a rischio”.
Da dove provenisse la minaccia, tuttavia, Tizian, classe 82’, ancora oggi sotto scorta, non lo scoprì fino agli arresti relativi alla maxi inchiesta Black Monkey, nel 2013. Un’indagine nata l’11 gennaio 2011 quando un immigrato denunciò di essere stato rapito nei pressi di Imola da tre persone che, dopo averlo picchiato, gli puntarono contro una pistola, minacciandolo di fare intervenire “mafiosi calabresi per metterlo apposto”. Partendo da quella segnalazione gli inquirenti portarono alla luce un sistema che aveva basi in 12 regioni in Italia, in Gran Bretagna e in Romania, composto da un giro di società che gestivano il gioco online. Femia, a processo con altri 22 imputati, 13 per associazione di stampo mafioso (416 bis), e la sua organizzazione, secondo il pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, Francesco Caleca, infatti, commercializzavano nei locali dell’Emilia Romagna e di altre parti d’Italia macchinette con schede truccate, da cui deriva il nome dell’inchiesta, Black Monkey, così da potere celare al Fisco l’ammontare reale delle giocate, e avevano messo in piedi un sistema di giochi online senza aver autorizzazioni. Un sistema “mafioso” secondo la Dda poiché “si avvale dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti”.
“Due episodi hanno segnato per sempre la mia vita – ha ricordato in aula, nel ripercorrere quelle tappe della sua vita che l’hanno fatto diventare un cronista – quando avevo sei anni incendiarono il mobilificio di mio nonno, a Bovalino in provincia di Reggio Calabria, e un anno dopo la mafia ha ucciso mio padre”. Un omicidio a colpi di lupara, quello di Giuseppe Tizian, assassinato a Locri, in Calabria, la sera del 23 ottobre del 1989 dalla ‘ndrangheta. Che oggi non ha ancora responsabili, “perché non c’è alcuna sentenza di condanna”. Ma che ha portato sua madre alla decisione di trasferire la famiglia a Modena, e poi Giovanni Tizian a scegliere questa professione.
Emilia Romagna
‘Ndrangheta, il giornalista Tizian testimonia in Tribunale. In Aula anche il boss Femia
Il cronista della Gazzetta di Modena ha deposto nell'ambito del processo denominato Black Monkey: "Ho saputo più di un anno dopo il motivo per cui avevo la scorta"
“Ho saputo più di un anno dopo grazie a giornali e tv, quando è scattata l’operazione il 23 gennaio 2013, il motivo per cui ho la scorta”. A parlare è il giornalista de La gazzetta di Modena Giovanni Tizian che in Tribunale a Bologna ha testimoniato nell’ambito del processo denominato Black Monkey, dal nome dell’operazione che portò alla luce un giro d’affari legato al gioco d’azzardo da 90 milioni di euro tra Italia, Gran Bretagna e Romania. Il cronista sotto protezione ha testimoniato seduto a pochi passi dal boss Femia. Durante la deposizione il boss non ha mai smesso di guardarlo, mentre Tizian gli ha sempre dato le spalle. Il processo è il primo in Emilia-Romagna sulle mafie e i loro affari illeciti con slot e videolottery e il giornalista si è costituito parte civile assieme alla Regione Emilia Romagna, il Comune di Modena, Sistema gioco Italia e l’Ordine dei Giornalisti.
Tre anni fa la telefonata che cambiò la vita di Tizian: “Sto giornalista se ci arriviamo o la smette o gli sparo in bocca e finita lì”. A parlare, intercettati dalle forze dell’ordine, erano il faccendiere Guido Torello e il boss Nicola Femia, detto Rocco, ritenuto dai magistrati antimafia vicino alle ‘ndrine calabresi, e a capo di un’organizzazione che in Emilia Romagna faceva profitti con le slot machine truccate e il gioco d’azzardo web illegale. Inchieste che tra il 2010 e il 2011 lo portarono a tracciare una linea di collegamento tra la mafia calabrese, il nord dell’Italia e, appunto, il gioco d’azzardo. Trasformandolo in una persona sgradita al clan, al boss Femia, che in quella telefonata, intercettata nell’ambito della maxi inchiesta, si lamentò degli articoli di Tizian con Torello, autore della minaccia.
“Il 23 ottobre 2010 – ha ricordato in aula Tizian – firmai la mia prima inchiesta sul gioco illegale, e sulle modalità con cui il clan dei Casalesi, la ‘Ndrangheta e Cosa Nostra controllavano le società di noleggio delle slot machines. Citai Femia come socio occulto di una ditta di gioco online e in relazione alla gestione di bische clandestine nella provincia di Modena, individuate nell’ambito dell’indagine Medusa”. Il nome del boss, poi, Tizian lo scrisse sul giornale una seconda volta: “Il 17 dicembre del 2011 – ha spiegato – l’articolo si intitolava ‘Modena, terra d’affari per i clan dei videogames’. Femia venne citato sempre in relazione all’indagine Medusa, che aveva come oggetto i Casalesi nel territorio modenese”.
E sarebbero stati proprio quei due articoli, sui quali Tizian è stato chiamato a testimoniare nel corso del maxi processo a dare fastidio al boss Femia. “Fino a quel momento – ha spiegato infatti Tizian – non avevo ricevuto alcuna minaccia. Cinque giorni dopo la pubblicazione del secondo articolo, il 22 dicembre 2011, invece, il mio cellulare squillò: era un dirigente della Squadra mobile di Modena, che mi informava che era stato disposto per me un servizio di protezione in qualità di persona esposta a rischio”.
Da dove provenisse la minaccia, tuttavia, Tizian, classe 82’, ancora oggi sotto scorta, non lo scoprì fino agli arresti relativi alla maxi inchiesta Black Monkey, nel 2013. Un’indagine nata l’11 gennaio 2011 quando un immigrato denunciò di essere stato rapito nei pressi di Imola da tre persone che, dopo averlo picchiato, gli puntarono contro una pistola, minacciandolo di fare intervenire “mafiosi calabresi per metterlo apposto”. Partendo da quella segnalazione gli inquirenti portarono alla luce un sistema che aveva basi in 12 regioni in Italia, in Gran Bretagna e in Romania, composto da un giro di società che gestivano il gioco online. Femia, a processo con altri 22 imputati, 13 per associazione di stampo mafioso (416 bis), e la sua organizzazione, secondo il pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, Francesco Caleca, infatti, commercializzavano nei locali dell’Emilia Romagna e di altre parti d’Italia macchinette con schede truccate, da cui deriva il nome dell’inchiesta, Black Monkey, così da potere celare al Fisco l’ammontare reale delle giocate, e avevano messo in piedi un sistema di giochi online senza aver autorizzazioni. Un sistema “mafioso” secondo la Dda poiché “si avvale dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti”.
“Due episodi hanno segnato per sempre la mia vita – ha ricordato in aula, nel ripercorrere quelle tappe della sua vita che l’hanno fatto diventare un cronista – quando avevo sei anni incendiarono il mobilificio di mio nonno, a Bovalino in provincia di Reggio Calabria, e un anno dopo la mafia ha ucciso mio padre”. Un omicidio a colpi di lupara, quello di Giuseppe Tizian, assassinato a Locri, in Calabria, la sera del 23 ottobre del 1989 dalla ‘ndrangheta. Che oggi non ha ancora responsabili, “perché non c’è alcuna sentenza di condanna”. Ma che ha portato sua madre alla decisione di trasferire la famiglia a Modena, e poi Giovanni Tizian a scegliere questa professione.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".