Renato Vallanzasca è convinto di essere stato ‘incastrato’. Il personaggio della mala milanese è stato infatti condannato a 10 mesi dal tribunale di Milano con l’accusa di tentata rapina impropria per aver rubato due paia di mutande e altri oggetti di scarso valore in un supermercato lo scorso giugno. Con questa condanna rischia di non ottenere più benefici durante la detenzione.
“Io non sono uno che crede ai complotti, ma certo quello che mi è accaduto è strano”, ha detto Vallanzasca durante l’interrogatorio in aula prima del verdetto. E lega la vicenda del suo arresto del giugno scorso per il furto nel supermercato alle sue rivelazioni nel caso Pantani.
Vallanzasca ha raccontato di essere stato avvicinato da un camorrista che gli aveva detto di non puntare su Pantani
Nei giorni scorsi, infatti, Vallanzasca ha depositato, attraverso il suo legale, poche pagine per dire, in sostanza, che il suo arresto per quel furto l’estate scorsa potrebbe essere stato una “macchinazione” legata alle sue dichiarazioni ai pm di Forlì. “In epoca contestuale al mio arresto – ha scritto nella lettera inviata al giudice Ilaria Simi De Burgis e al pm Angelo Renna a 24 ore dal processo per il furto – è andata prendendo sempre più quota l’inchiesta sull’esclusione di Marco Pantani dal Giro d’Italia”.
La procura di Forlì sta indagando proprio su un presunto complotto ordito ai danni del ciclista, morto il 14 febbraio 2004, per escluderlo dalla gara nel ’99 con l’alterazione delle analisi del sangue. Vallanzasca, infatti, aveva raccontato di essere stato avvicinato, quando era detenuto ad Opera, da un camorrista che, in sostanza, gli aveva detto di non puntare sul ‘Pirata’ perché sarebbe stato escluso dal Giro.
Per il magistrato il “presunto complotto ai suoi danni o la macchinazione di cui parla Vallanzasca lambiscono il confine della calunnia”
Il pm Angelo Renna ha depositato atti del fascicolo della Procura di Forlì, tra cui i due verbali ‘omissati’ resi da Renè (uno poche settimane fa), per dimostrare, come ha chiarito nella requisitoria, che “l’inchiesta di Forlì è nata due mesi dopo questo fatto modestissimo”, ossia l’arresto per aver rubato merce del valore di 66 euro. Per il magistrato il “presunto complotto ai suoi danni o la macchinazione di cui parla Vallanzasca lambiscono il confine della calunnia” e a smentire questa “macchinazione” ci sono “i fatti, il lavoro dei carabinieri e della Procura di Milano“. Il legale dell’ex capo della banda della Comasina, l’avvocato Ermanno Gorpia, invece, ha sottolineato che “il mio assistito ha centinaia di nemici e se è vero che l’indagine di Forlì è successiva, lui aveva già rilasciato interviste sul caso Pantani tempo fa”.
Già lo scorso luglio in aula Vallanzasca aveva detto di essere stato “incastrato”, raccontando di essere stato avvicinato mentre era al supermarket da un giovane che “mi chiamava ‘zio Renato'” e che avrebbe messo gli oggetti rubati nella sua borsa. “Perché mi è stata fatta una cosa del genere non lo so, io so soltanto che entro Natale avrei dovuto discutere della mia liberazione condizionale e potevo tornare libero”, aveva spiegato, lamentando che le immagini delle telecamere del negozio che l’avrebbero potuto scagionare “sono sparite”, non sono state acquisite.