Iniziate le operazioni di trivellazione della cometa 67/P Churyumov-Gerasimenko con il trapano di fabbricazione italiana Sd2 del lander Philae, sbarcato due giorni fa su questo relitto del Sistema solare, alla ricerca dei mattoni fondamentali della vita. “Oggi è stato deciso di caricare la sequenza che attiverà lo strumento”, afferma Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), dal centro di controllo del lander Philae a Colonia. “Si tratta di un gioiello italiano. Nel vero senso della parola – spiega a Radio3Scienza Amalia Ercoli-Finzi, del Politecnico di Milano, mamma del trapano italiano -. Lo strumento ha, infatti, una punta di diamante, i fornetti di platino e le lenti di zaffiro”.

Gli scienziati della missione Rosetta hanno deciso di sfruttare le poche ore ancora a disposizione delle batterie del lander, che rischiano di esaurirsi perché i pannelli solari non sono sufficientemente illuminati. “I primi dati ci dicono che il trapano è fuoriuscito di 25 cm, e dunque funziona correttamente”, ha affermato durante il briefing mattutino Philippe Gaudon, uno degli scienziati della missione. I primi risultati potrebbero arrivare nella stessa serata di oggi. “Non sappiamo quanto siano cariche le batterie – aggiunge Flamini -, né quanto rapidamente la temperatura e altri fattori possano scaricarle”. “Sapremo com’è andata attorno a mezzanotte – gli fa eco Stephan Ulamec (nella foto), manager di Philae -. Le batterie, infatti, potrebbero esaurirsi anche prima del contatto atteso per questa sera. Se a mezzanotte non riusciremo a stabilire il link – aggiunge lo scienziato – allora vorrà dire che si saranno già esaurite”.

In seguito ai problemi agli arpioni, infatti, il lander ha mancato il sito previsto per lo sbarco e rimbalzato due volte sulla superficie cometaria, finendo su un cratere scarsamente illuminato. Gli scienziati stanno già lavorando per tentare di raddrizzare Philae, facendo perno sul suo braccio meccanico denominato Mupus (Multi-purpose sensors for surface and sub-surface science). Si tratta di uno dei dieci strumenti del lander, progettato per far leva contro la superficie della cometa, allo scopo di misurarne densità e proprietà meccaniche. Nel briefing mattutino i responsabili della missione hanno anche fatto il punto sullo stato di Philae. “Tutti e tre i piedi meccanici del lander poggiano al suolo – chiarisce Valentina Lommatsch, studiosa dell’Esa -. Ma il lander è circondato da rocce e non abbiamo ancora nessuna novità sulla sua esatta posizione”. “Siamo stanchi, ma soddisfatti”, aggiunge il responsabile delle operazioni di Rosetta per l’Esa, Andrea Accomazzo.

Non sono solo gli scienziati ad essere entusiasti della missione, come sottolinea un servizio del Tg4, andato in onda in occasione dello storico sbarco. A parte qualche voce fuori dal coro, come quella del telepredicatore turco Ahmet Mahmut Unlu, conosciuto come Cubbeli, che considera la missione dell’Esa “una cosa da maniaci, perché il mondo sarà finito prima che l’uomo possa mettere piede su Marte”, sono in tanti in tutto il mondo a condividere l’entusiasmo dello studioso italiano. Anche tra i non addetti ai lavori. Basti pensare che il giorno dello sbarco l’Hashtag “#CometLanding” è stato uno dei più caldi su Twitter.

Di certo tra le voci più entusiaste e appassionate c’è quella di Amalia Ercoli-Finzi, che sta seguendo in queste ore da Colonia i “primi passi” del suo trapano sulla cometa. “È un’impresa emozionante e complicata – commenta ai microfoni di Radio3Scienza -. Le condizioni sulla cometa sono estreme. Il nostro strumento, ad esempio, lavora con una potenza di 9 watt, quella di una lampadina di un albero di Natale”. Come la gran parte degli scienziati, il suo sguardo è sempre proiettato verso il futuro. “Sono speranzosa che un giorno, grazie agli sviluppi della tecnologia, forse potremo riportare indietro sul nostro Pianeta un pezzo di cometa, cioè – spiega la studiosa italiana – un pezzo di ghiaccio pieno di elementi chimici importanti per la vita. Speriamo di trovare lassù qualcosa che ci dica come si è scritta la vita sulla Terra, e quale contributo hanno dato le comete. Sono stati probabilmente questi affascinanti corpi celesti, infatti – conclude la scienziata – a portarci l’acqua dal loro serbatoio freddo ai confini del Sistema solare”.

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