Qui la pioggia fa ancora paura. La gente guarda le previsioni e alle prime gocce trema e prega. È passato un anno dall’alluvione del 18 novembre del 2013 che ha cambiato per sempre il volto della Sardegna. Apparentemente si è risollevata, ma ancora infangata nella lentezza della burocrazia. I fondi promessi dallo Stato per il ristoro dei cittadini e per la messa in sicurezza delle città non sono mai arrivati. A Olbia ci sono ancora strade crollate, relitti di macchine infangate e mai rimosse che ricordano il disastro . Solo nella città gallurese, il ciclone Cleopatra ha provocato nove vittime, diciannove in tutta la Sardegna. Ci sono poi ancora tante famiglie che non sono potute rientrare nelle proprie abitazioni, completamente distrutte, e che sono state ospitate da amici e parenti. Per mettere in sicurezza Olbia ci vorrebbero centoventi milioni di euro e il sindaco della città, Gianni Giovannelli, da un anno a questa parte chiede al governo di sbloccare dal patto di stabilità i cinquanta milioni di euro che sono presenti nelle casse del comune e immediatamente spendibili. Ma a oggi, a distanza di un anno, non è arrivata ancora nessuna risposta concreta. Nel frattempo i privati si organizzano da soli, come ad esempio un asilo di Olbia che si è dotato di un sistema di rilevazione che lancia l’allarme in caso di acqua alta nel canale vicino. Il comune fa quello che può ripulendo i canali, con i pochi soldi a disposizione, ma consapevoli che poco servirà nel caso di una nuova emergenza di Davide Mosca

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