La spalla di Fiorello, che ha deciso di lasciare la trasmissione con lo showman, in un'intervista sul Corriere della Sera racconta di essere vittima dei suoi debiti, derivati dal gioco d'azzardo
Non è rimasto vittima del gioco d’azzardo, ma dei debiti che gli ha procurato nel corso degli anni. Marco Baldini, in un’intervista al Corriere della Sera, torna a commentare la sua decisione di lasciare Fuoriprogramma, la trasmissione condotta insieme a Fiorello, perché non può più garantire una professionalità adeguata. Al quotidiano di via Solferino ribadisce di avere smesso di giocare dalla fine del 2008 “anche se persone cattive sostengono il contrario” e di avere lasciato il suo ruolo di spalla dello showman per timore che i suoi creditori, “persone esasperate che rivogliono i loro soldi”, “potrebbero arrivare lì (mentre lavora con Fiorello, ndr) e fare una piazzata tremenda. ‘Fuoriprogramma’ non si registra in uno studio, ma in un bar in mezzo alla strada. Troppo pericoloso”.
Baldini, che si definisce “un uomo sfinito”, aggiunge inoltre di ricevere “150 telefonate al giorno” da parte dei suoi creditori. “Mi citofonano, mi stanno addosso – dice -. Non posso più lavorare”. Allo stesso tempo, però, avrebbe bisogno di soldi per appianare i suoi debiti. Ma le condizioni in cui versa non glielo permettono. “Quando mi sveglio – spiega – alle sei cominciano le telefonate, le urla. E so che sarà così fino alla notte. Prima o poi dovrò smettere di lavorare completamente anche perché non ce la faccio più con la testa. Ho 55 anni, il mio fisico non regge. Mi verrà un infarto“. Eppure lo stesso Fiorello gli aveva suggerito di proseguire i suoi progetti artistici, perché sarebbe stato l’unico modo per uscire dal tunnel dei debiti. Baldini concorda con lui, ma spiega di non farcela.
“Nel 2011 ho perso il lavoro – continua – Per due anni sono stato fermo perché Fiorello era fermo. E lì i debiti sono aumentati perché non avevo entrate. Ora non riesco più a far fronte a tutto”. Dice di avere idee, ma nessuno è pronto a investire su di lui. Chi vorrebbe aiutarlo non ha i soldi e viceversa. Si considera “più fortunato di chi è stato licenziato e ha tre figli da mantenere”, ma ammette di non avere via d’uscita. “È un cane che si morde la coda. Dovrei lavorare tantissimo per poter pagare i debiti, ma non sono in condizioni di poter lavorare”. Infine ricorda un rimpianto, che definisce “l’errore più grande della mia vita”. “Era l’aprile del 1991 – conclude – Avevo 40 milioni (di lire) di debito. Valerio, un amico di Cecchetto, me li ha prestati. Metà li ho usati per i debiti, metà li ho giocati. Da lì è nata tutta la tragedia. Quella è la pallina di neve che è diventata valanga”.