Un centinaio di persone si è dato appuntamento per un sit in pacifico per difendere il diritto alla trascrizione in Italia dei matrimoni tra coppie dello stesso sesso contratti all'estero
Hanno usato l’ironia anche se non sono mai stati così seri. E parafrasando una famosa canzone di Julio Iglesias, diventata per l’occasione “Se mi annulli non vale”, il mondo Lgbt è sceso in piazza contro la decisione di Alfano di far annullare le trascrizioni delle nozze gay, contratte all’estero. Bologna la città scelta per la manifestazione. Qui, sabato pomeriggio, un centinaio di persone si è dato appuntamento sotto la prefettura per un sit in pacifico, che ha preso di mira, oltre al titolare del Viminale, anche il prefetto Ennio Maria Sodano.
“Vogliamo ricordare loro – ha detto il presidente dell’Arcigay di Bologna, Vincenzo Branà, prendendo la parola al megafono – che non si cancellano i diritti con un tratto di penna, perché dietro a quei nomi sul registro comunale ci sono delle persone. Vogliamo riprenderci i diritti che ci spettano nel lavoro, la sanità, il welfare, la scuola”. Attivisti dell’Arcigay, dell’Arcilesbica, e di altre realtà che si battono per l’estensione dei diritti, hanno tappezzato le pareti di post-it e ballato sulle parole di Julio Iglesias, davanti a una decina di carabinieri mandati a presidiare l’entrata dell’edificio. Presenti anche alcune coppie sposate, e il senatore del Pd, Sergio Lo Giudice, con in braccio il figlio avuto qualche mese fa, grazie a una madre surrogata.
“Dallo scorso 15 settembre – si legge nel documento preparato per la manifestazione – grazie a una delibera del sindaco Virginio Merola, le coppie di gay e lesbiche bolognesi, che hanno celebrato le loro nozze oltreconfine, possono trascrivere la loro unione nel registro di stato civile del nostro Comune”. Ma “nelle settimane successive, il crescendo di diffide, avvertimenti, circolari, ordini perentori e aut aut che il Ministro Alfano, attraverso gli accondiscendenti prefetti, ha messo in campo per ostacolare prima, e annullare poi le trascrizioni, ci ha profondamente indignati. In un Paese civile nessun funzionario di Stato dovrebbe mai accarezzare l’idea di impugnare una penna per cancellare un diritto, una relazione, un’esistenza. È un atto ignobile, che vìola la dignità delle persone, infierendo su un’invisibilità giuridica che è una vera e propria maledizione in questo Paese, da cui ci ostiniamo a non volerci liberare”.