Ritengo banale e inconsistente affermare: “i nomadi sono in Italia solo 150.000, che fastidio danno?”. Si deve avere il coraggio di andare un po’ più a fondo del problema. Innanzitutto le varie comunità nomadi sono oggettivamente le meno integrate fra tutte le comunità appartenenti a minoranze.
La mancata integrazione assume forme varie anche in Europa. Ha fatto scalpore l’affermazione del socialista ministro degli Interni francese Manuel Valls, poi promosso primo ministro, che nel settembre del 2013, annunciando l’espulsione di immigrati rom, affermò testualmente: “Queste popolazioni hanno uno stile di vita estremamente diverso dal nostro: l’unica soluzione possibile è la loro espulsione”. Tali affermazioni molto dure fanno tuttavia il paio con il timore che i governi di paesi come Germania, Gran Bretagna e Francia hanno più volte manifestato di fronte alla estensione a Romania e Bulgaria dello spazio Schengen per il rischio di immigrazioni poco facilmente integrabili.
Guardiamo alla situazione italiana. Secondo una ricerca della associazione Geordie onlus, riportata su Repubblica del 2/11/2012, nel 2006, a fronte di 2384 minori italiani e stranieri, passati per i centri di giustizia minorile, ve ne sono stati 1435 appartenenti alla comunità rom. Se si considera che i nomadi sono in tutto 150.000, la proporzione è impressionante e rivela che qualcosa non funziona. Sono poi alcune decine di migliaia gli appartenenti a comunità nomadi che esercitano stabilmente la mendicità. Anche qui si tratta di proporzioni del tutto abnormi che stanno a dimostrare come il contributo alla crescita del paese rispetto ad altre comunità sia molto basso. Presso alcuni gruppi nomadi è inoltre ancora tristemente diffuso l’utilizzo di minori nell’accattonaggio. Quanto alla evasione scolastica, nonostante le varie leggi per favorire l’assolvimento dell’obbligo scolastico, secondo Mario Salomoni, presidente dell’Opera Nomadi, almeno il 50% dei ragazzi rom e sinti non va a scuola. Quasi nessuno va all’università o consegue un diploma di scuola media superiore. Tutto questo senza contare la percentuale di nomadi detenuti nelle carceri italiane.
Va detto peraltro che non in tutte le nazioni europee il problema nomadi è stato gestito così male come in Italia. La percentuale di rom laureati è per esempio in Svizzera non marginale. La Germania ha seguito una politica dura ma efficace di integrazione con diritti, ma anche molti doveri e nessun privilegio; è concretamente attuata la espulsione per chi delinque o vive secondo modelli non compatibili con i valori della società tedesca. Accoglienza unita a tolleranza zero è stato anche il modello francese. Per opinione unanime il paese che ha sempre assicurato privilegi, molta tolleranza e tanta illegalità è stato l’Italia. Sempre su Repubblica del 3 giugno 2007 un bell’articolo di Claudia Fusani che cita Massimo Converso, allora presidente dell’Opera Nomadi, denunciava come rom e camminanti espulsi dalla Germania siano sempre venuti in Italia “dove non è mai stato pensato un vero, severo e anche rigido piano di accoglienza e dove gli zingari hanno avuto da sempre maggiori e diverse fonti di reddito, ben più remunerative perché spesso illegali”.
Alcune premesse sono dunque a mio avviso fondamentali: 1) non si può accettare che i giovani nomadi non vadano a scuola. Un serio percorso scolastico è la premessa necessaria per una vera integrazione. Data la oggettiva difficoltà di insegnare a ragazzi che hanno spesso valori e stili di vita molto diversi da quelli degli altri studenti, occorrono insegnanti appositamente preparati che conoscano mentalità e psicologia. Siccome quasi sempre sono i genitori che non intendono mandare i figli a scuola, in questo come in altri casi, l’evasione scolastica deve essere sanzionata. 2) Come hanno fatto altre nazioni europee, non possiamo considerarci obbligati ad accogliere immigrati ancorchè comunitari che non abbbiano alcuna intenzione di integrarsi. 3) Come insegnano ancora una volta le esperienze europee, ai diritti si devono accompagnare anche doveri fatti rigorosamente rispettare dalle autorità. 4) I campi rom illegali non possono essere tollerati.
Veniamo così più nello specifico alla pratica dei sussidi e della diffusa tolleranza. I primi appaiono del tutto ingiustificati e non favoriscono una seria integrazione. Non si capisce perché ad un italiano o a qualsiasi altro immigrato regolare in difficoltà non si diano speciali contribuzioni pubbliche e non si garantiscano luce, acqua, gas gratuiti, mentre li si diano ad appartenenti a comunità nomadi. Si crea oggettivamente una odiosa discriminazione al contrario. Eguale discorso vale per coloro che abusivamente occupino alloggi, utilizzino servizi, vivano di elemosina sfruttando minori. La partecipazione attiva a percorsi di integrazione deve essere il requisito indispensabile per la permanenza sul suolo della repubblica di nomadi senza cittadinanza italiana; per quelli che sono cittadini italiani un percorso di integrazione deve essere previsto, prescritto, e sanzionato in caso di suo boicottaggio.
Ragionando costruttivamente si può cercare di migliorare un problema che non può essere liquidato con battute o insulti ma richiede che si usi il cervello e mai il pregiudizio.
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