La notte che cambiò la storia del pool antimafia, vide il suo nome finire agli onori della cronaca dopo una seduta infinita del Consiglio superiore della magistratura. Era il 19 giugno del 1988 e a Palazzo dei Marescialli c’era da nominare il nuovo consigliere istruttore di Palermo, il magistrato che doveva raccogliere il testimone di Antonino Caponnetto, l’inventore del pool antimafia, il gruppo di magistrati che aveva appena ottenuto decine di condanne all’ergastolo nel primo Maxi processo contro Cosa Nostra. Per un attimo, sembrava che lo Stato fosse davvero vicino a sconfiggere la piovra: un sogno durato solo qualche istante. Quel 19 gennaio dell’88 tutto tornò ad essere come prima: e con 14 voti a favore, 10 contrari e 5 astenuti, Antonino Meli divenne il nuovo consigliere istruttore di Palermo. Il magistrato deceduto questa mattina all’età di 94 anni a Collesano, in provincia di Palermo, guadagna notorietà nello stesso momento in cui viene nominato dal Csm sulla poltrona più alta dell’ufficio inquirente palermitano.

Un posto che sembrava naturale appannaggio di Giovanni Falcone, l’erede naturale di Caponnetto alla guida del pool di Palermo, dato per favorito alla vigilia ma fatto fuori da sapienti giochi di correnti interne alla magistratura. Quando tutto sembrava fatto per la nomina di Falcone, all’ultimo minuto arrivò la candidatura di Meli, già all’epoca anziano magistrato alle soglie della pensione (aveva infatti 68 anni), ex presidente della corte d’appello di Caltanissetta, e molto meno esperto di Falcone nelle indagini antimafia. Al Csm, il magistrato poi ucciso nella strage di Capaci sembrava godere di una robusta maggioranza: i professionisti delle carte a posto, però, intervennero subito facendo notare come la maggiore anzianità di servizio fosse un criterio imprescindibile per scegliere il nuovo capo dell’ufficio istruzione di Palermo. E Meli, ovviamente, era molto più anziano di Falcone. Con l’uscita di scena di Caponnetto e l’arrivo dell’anziano magistrato a Palermo, le indagini antimafia tornarono ad essere spezzettate tra le varie procure dell’isola, come se Cosa Nostra non fosse un’organizzazione criminale unitaria. “Ci sono seri tentativi per smantellare definitivamente il pool antimafia dell’ufficio istruzione e della procura della Repubblica di Palermo. Stiamo rischiando di creare un pericoloso vuoto, stiamo tornando indietro, come dieci, venti anni fa” dichiarò in un’intervista a Repubblica Paolo Borsellino, stigmatizzando le prime mosse di Meli alla guida dell’ufficio istruzione. “Adesso dubito – continuava il magistrato poi ucciso in via d’Amelio – senza mettere in discussione la bravura, l’onestà e la competenza di Antonino Meli, che il nuovo consigliere possa, in un paio di mesi, avere acquisito una tale conoscenza del fenomeno”.

Una polemica, quella sulla nomina di Meli, che Borsellino riprenderà fino al 25 giugno del 1992, quando durante il suo ultimo discorso pubblico, ricordò come “il Csm con motivazioni risibili gli preferì il consigliere Antonino Meli. Falcone concorse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Csm ci fece questo regalo. Gli preferì Antonino Meli”. E le lancette della storia iniziarono a correre velocissime fino al biennio delle stragi che cambiò definitivamente il volto di questo Paese.

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