Sul Fatto del lunedì in edicola il 17 novembre, Francesco Guccini racconta come sono nate le sue canzoni. E poi l’analisi della crisi della grande canzone italiana ricostruita da Emiliano Liuzzi e Andrea Scanzi. Con un’intervista a Mogol. Ecco un breve estratto del testo del cantautore:
“No, non scrivo più canzoni. Non credo. La chitarra è lì da tempo, la prendo qualche volta se ci sono amici. È uno scherzo. Più facile scrivere libri, con Loriano, inteso come Loriano Macchiavelli. Gialli ambientanti qui, a Pavana. Forse non ricordo nemmeno come si fa a scrivere una canzone. A me sono sempre venute abbastanza in fretta.
La Locomotiva? Il pezzo che ha chiuso quasi tutti i miei concerti nasce quasi per caso. Era il tempo dell’Osteria delle Dame, a Bologna. Quelle erano le nostre notti. Bellissime. E spesso giravano storie sugli anarchici. Una sera viene fuori la storia di questo Pietro Rigosi, lo descrivevano come un matto che da Poggio Renatico porta la locomotiva verso la stazione di Bologna a tutta velocità, cinquanta chilometri all’ora. Si sbracciavano i suoi colleghi, gli chiedevano di fermare, ma lui continuava a buttare carbone. Un matto, nei racconti. In realtà quando ne parlai con il mio vicino di casa, il protagonista di un’altra canzone, il pensionato, mi disse: ‘Guarda che non fu né un folle, né un incidente. Rigosi era un anarchico e quello fu un gesto politico’. Quella stessa notte, molte delle mie canzoni sono nate di notte, mi misi a scrivere. In venti minuti c’era La Locomitiva. Una strofa mi accompagnava verso l’altra. Alla fine mi accorsi che mancava la strofa iniziale, “Non so che viso avesse, neppure come si chiamava”, che forse fu il segreto della canzone stessa”.
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