Secondo i pm genovesi gli imprenditori accusati di aver pagato mazzette e prostitute per conquistare appalti da dieci milioni per l’alluvione e i rifiuti volevano ricattare il presidente della Regione Claudio Burlando
“Gli viene il cagotto a Burlandino”. L’espressione è colorita, ma secondo i pm genovesi sembra dire una cosa: gli imprenditori accusati di aver pagato mazzette e prostitute per conquistare appalti da dieci milioni per l’alluvione e i rifiuti volevano ricattare il presidente della Regione. Ecco l’intercettazione contenuta nelle carte che hanno portato all’arresto di Gino, Vincenzo e Luigi Mamone: “Poi ci mando un messaggino a Burlandino, attraverso Gian Poggi (il fedelissimo braccio destro di Burlando che il governatore ha voluto a dirigere il settore Lavori Pubblici ed Edilizia della Regione, ndr)… io ho chiuso, non mi ha mai dato una mano, non si è mai esposto, appena ho finito le cose vado io da Pinto (il pm che si occupa di inchieste di corruzione, ndr)”, dice Gino Mamone, l’imprenditore che in Liguria ha il dominio degli appalti pubblici per rifiuti, bonifiche e alluvioni. È una conversazione registrata mentre Mamone parla in auto con la moglie Ines Capuana. Pochi giorni dopo, sempre in auto, Gino si confida con il fratello Vincenzo e un imprenditore destinatario di appalti: “Alfio (Lamberti, consulente di Mamone, ndr) va da Gian Poggi e gli dice: digli a Burlandino che Gino sta chiudendo, che poi da Pinto (il pm, ndr), non ti preoccupare che gli viene il cagotto… Enzo (il fratello Vincenzo, ndr)… vai, stai tranquillo che quello mi convoca. E gli dico: e allora? Non ti preoccupare, facciocome hai fatto te, io a te non ti conosco. Io a te non ti conosco proprio… non ti conosco più, lo vado dire a chi… a chi di dovere…”.
Poi un passaggio che riferirebbe parole passate di Burlando: “Eh Gino dove sei? Sono qua, prendo l’aereo per Roma. Ah ci vediamo all’aeroporto, andiamo insieme? E ti rendi conto… e non mi conosci…”. Questo dice Mamone. Gli inquirenti annotano: “Da tali conversazioni, che Gino Mamone fa con le persone che gli sono più vicine e quindi con cui non ha ragione di millantare, si evince chiaramente che lo stesso ritiene di essere in credito nei confronti di Burlando, di poter esigere che questo intervenga in suo favore in questo momento di difficoltà, e altresì che lo stesso è a conoscenza di circostanze che, se rivelate all’autorità giudiziaria, pregiudicherebbero gravemente il Burlando.Si evince inoltre che il Mamone sta progettando di minacciare il Burlando, di rivelare notizie compromettenti relative ai loro pregressi rapporti al pm che in effetti è titolare di inchieste sui Mamone, i fondi neri dallo stesso accumulati con false sponsorizzazioni sportive e i numerosi appalti e subappalti pubblici affidati da società a partecipazione regionale…”. Lo scopo? “Indurre Burlando a intervenire in suo aiuto verosimilmente procurandogli altri appalti”.
Ce n’è abbastanza, per i pm, per chiedere che sia messo sotto controllo il cellulare di Poggi. E per affermare: “A riscontro degli stretti rapporti tra Mamone e Gian Poggi va inoltre evidenziata una telefonata del 13 marzo 2013 tra Poggi e Corrado Grondona”. Parliamo del dirigente pubblico arrestato tre giorni fa perché accusato di aver ricevuto da Mamone soldi e prostitute in cambio di appalti pubblici legati all’alluvione e ai rifiuti. Si parla di dieci milioni di lavori. Aggiungono i magistrati: “Si evince che Poggi si sta attivando per aiutare Eco.Ge (la società dei Mamone, ndr) per smaltire le terre dei cantieri…”. Nelle carte si parla anche di ripetuti incontri tra Mamone, Grondona e il responsabile della maggiore discarica di Genova. Poggi si fa dare il nome del funzionario comunale competente per intervenire anche presso di lui. I pm vogliono capire se vi siano stati effettivamente corruzione e tentata estorsione. E vogliono “monitorare le eventuali reazioni di Poggi e Burlando”.