Si fa incandescente il rapporto tra gli Editori Italiani della Fieg ed il motore di ricerca statunitense per l’utilizzo dei contenuti editoriali sul web ed i proventi della pubblicità online.
Dopo un botta e risposta tra il neopresidente della Fieg Maurizio Costa e lo stesso gigante californiano, sulla necessità di retribuire gli editori italiani per l’utilizzo delle informazioni da loro prodotte e le dure prese di posizione del direttore generale della Fieg, Fabrizio Carotti, che durante una trasmissione Radio ha detto senza mezzi termini che “Google opera di fatto in un Paese che è un paradiso fiscale”, arriva la notizia dell’intervento da parte degli Editori nel giudizio pendente di fronte al Tar Lazio tra Google e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Il motore di ricerca, infatti, a luglio di quest’anno ha presentato ricorso al Tar successivamente alla richiesta dell’Autorità per le comunicazioni italiana di conoscere il fatturato pubblicitario per l’Informativa economica di sistema (Ies) che serve per la compilazione del Sic.
Google ha inviato i dati all’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (che comunque nel ‘paniere’ del Sic sono andati nella voce ‘pubblicità online’ senza essere disaggregati) ma successivamente ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo. In palio ovviamente c’è lo “sterminato” mercato della pubblicità online, le cui cifre sono custodite gelosamente dal motore di ricerca, che però ha svelato di aver redistribuito agli editori “attraverso il programma AdSense, nel 2013 9 miliardi di dollari agli editori di tutto il mondo, una cifra in crescita di 2 miliardi rispetto al 2012”.
Anche il tema del diritto d’autore appare essere oggetto di disputa tra gli editori ed il gigante californiano, anche se gli stessi editori evitano accuratamente nelle loro posizioni pubbliche di accusare Google di violare il loro copyright per ragioni che appaiono essere esclusivamente diplomatiche. In sostanza, secondo queste schermaglie, la violazione del copyright sul web da parte dei privati sarebbe tale da meritare anche le sanzioni più estreme, mentre quella di massa dei contenuti editoriali, necessiterebbe di un re-make up legislativo per migliorare l’esistente, quindi si suppone non sarebbe una vera e propria violazione.
Una posizione avallata dal Garante nelle comunicazioni che nel caso del gigante californiano chiede informazioni mentre per i comuni mortali adotta senz’altro un sistema di rimozione di contenuti sul web basato sul diritto d’autore. Per quanto riguarda i contenuti editoriali in particolare Google potrebbe mettere mano al portafogli e chiudere la partita, quindi, non si tratterebbe proprio di una violazione.
Il concetto assomiglia a quella pubblicità di qualche anno fa nella quale una signora di alto lignaggio chiedeva al suo maggiordomo di procurarle “qualcosa di buono” poiché si supponeva aveva fame. Spendendo si otteneva “qualcosa di buono”, mentre i comuni mortali dovevano tenersi la fame, che di buono non ha nulla.
Il tema in realtà appare essere all’ordine del giorno anche della Commissione Europea, il cui Commissario responsabile per il mercato digitale Oettinger ha fatto chiaramente capire che tra le priorità della Commissione c’è la risoluzione delle problematiche attinenti lo sfruttamento da parte di Big G dei contenuti prodotti in Europa.