Giorni fa è stato diffuso su YouTube un video scioccante e molto commuovente legato alla guerra in Siria, subito ripreso, diffuso e pubblicato da tutti i mezzi di informazione. Una vera e propria scena eroica avente come protagonista un ragazzino siriano che schiva gli spari dei cecchini e sfida la morte per portare in salvo la sua sorellina rimasta intrappolata dietro una macchina bruciata in un luogo pieno di macerie polverose, mentre voci fuori campo di alcuni uomini urlano Allahu akbar! (Dio è grande!).
Grande scoop, informazione sensazionale e scena straordinaria, che ha fatto del ragazzino un autentico eroe sui social network.
Trattenete la vostra commozione e risparmiate le vostre lacrime: è tutto pianificato nei minimi dettagli perché si tratta di una delle scene di un film girato nel maggio scorso a Malta dal regista norvegese Lars Klevberg (34 anni), il quale ha raccontato alla Bbc il suo progetto cinematografico sulla conseguenza dei conflitti sui bambini, finanziato con 55mila dollari dal Norwegian Film Institute.
Il video è stato intenzionalmente realizzato per assomigliare ad una ripresa amatoriale di smartphone, uguale a tanti filmati utilizzati da mass media in tutto il mondo, caricato e riproposto come originale da un canale YouTube del Shaam News Network (vicino ai gruppi armati che combattono in Siria). Grazie a questo espediente, sono stati raccolti migliaia di commenti e più di 3,4 milioni di visualizzazioni ma, soprattutto, la sequenza è stata diffusa dalla maggior parte dei mass media occidentali con la semplice dicitura: “Non può essere verificato” come d’altronde la maggior parte delle notizie diffuse sul paese mediorientale.
Tutto ciò è avvenuto mentre tanti esperti, dal primo momento, non avevano dubbi sul fatto che si trattasse dell’ennesima bufala mediatica sulla Siria. Di certo la realtà supera per la sua crudeltà ogni fantasia, ma qui stiamo parlando di informazione e quindi di onestà, correttezza e responsabilità.
Nessuno però dei grandi mass media chiede scusa ai suoi lettori e ciò non è una novità per la Siria: sono quattro anni che il paese mediorientale è spesso condannato e crocifisso sulla base di false testimonianze, notizie sbattute sulle prime pagine, prefabbricate, montate e non verificate, spesso provenienti da fonti inattendibili. Fatti travisati e numeri delle vittime ingigantiti diffusi senza verifiche e contraddittorio dal cosiddetto Osservatorio dei diritti umani, che non è altro che un ufficio vicino all’opposizione sito comodamente a Londra.
Propaganda, manipolazione dell’informazione e falsificazione della realtà, scegliete quello che volete, non perché questo non possa accadere, ma in quanto viene spacciato un falso per un filmato vero. Viene però da chiedersi perché è stato sbattuto sulle prime pagine. E come mai i nostri grandi giornali non attendono di verificare le fonti e si precipitano a pubblicare tutto ciò che arriva? La risposta non c’è, ma che si tratti di negligenza o pigrizia piuttosto che malafede, non c’è nessuna giustificazione. Non si tratta di una notizia gossip ma del destino di un popolo che subisce una maledetta guerra interminabile, frutto di interessi internazionali e giustificata con tutte le scuse possibili, pagata però con il sangue degli innocenti.
Resta il fatto che tutte le informazioni che ci raggiungono dal Medio Oriente sulla questione siriana avrebbero bisogno di essere accompagnate da un “non si può essere certi dell’autenticità, fino a nuovo avviso! “.
Si dice che nelle guerre la verità è la prima a morire, ma oggi a rischiare di morire sono la correttezza e l’onestà.