Mentre nella periferia romana andavano in scena i disordini e le proteste contro l’accoglienza ai migranti, sfociati nello sgombero del centro per i rifugiati e richiedenti asilo di via Morandi, a Messina per altri motivi – tutti economici e burocratici – sta per essere chiusa un’altra struttura di prima accoglienza per minori e stranieri non accompagnati. E in questo caso il quartiere popolare di Camaro è contrario alla decisione, causata dall’ennesimo pasticcio amministrativo. Un ulteriore capitolo dell’emergenza causata da un boom di arrivi e dal contemporaneo blocco dei rimborsi dovuti alle comunità di accoglienza. Nel caso di Casa Mosè, il centro inaugurato nel dicembre 2013 dall’Associazione amici dei bambini (Aibi) nell’ambito del progetto Bambini in alto mare, la decisione di chiudere i battenti era stata paventata già nel luglio scorso. Per essere poi sventata grazie al trasferimento della sede in un ex asilo delle suore Immacolatine a Camaro e alla firma di un accordo con il comune di Messina, che si era impegnato a garantire un sostegno economico di 45 euro al giorno per ogni minore ospitato dando, in teoria, una boccata di ossigeno alla struttura. Che oltre all’accoglienza in questi mesi ha offerto a 100 minori anche servizi educativi, ricreativi e di integrazione.
Ma ora la ong, che si occupa anche di adozioni internazionali e sostegno a distanza, non riesce più a fare fronte alle spese: il credito vantato nei confronti del Comune è lievitato a oltre 200mila euro, ma palazzo Zanca, che deve ancora approvare il bilancio previsionale per il 2014, non ha ancora versato alcun rimborso. E attribuisce la colpa al ministero degli Interni, che avrebbe sì stanziato i soldi, ma senza accreditarli proprio a causa della mancata approvazione del bilancio. “In quasi un anno, le istituzioni non hanno sostenuto in alcun modo l’ospitalità dei Misna (minori stranieri non accompagnati, ndr) presso Casa Mosè”, fanno sapere dall’Aibi. “Al contrario, si è assistito a un penoso rimpallo di responsabilità”.
Martedì si terrà davanti a Casa Mosè una manifestazione di protesta dei cittadini a favore del centro
Pochi giorni fa l’epilogo: il dipartimento delle Politiche sociali del Comune ha annunciato che il 18 novembre i 18 minori ospitati a Casa Mosè, tutti africani e di età compresa tra i 14 e i 17 anni, saranno trasferiti in altre strutture. Alcuni andranno all’Ipab della città, una struttura per anziani, altri nella Cooperativa Santa Maria della Strada, che ospita ragazzi allontanati su provvedimento giudiziario. Peraltro questa soluzione, sottolinea l’Aibi, ignora del tutto il fatto che oltre 1.400 famiglie abbiano dato disponibilità ad accogliere in affido i giovani migranti. E non garantisce che i ragazzi possano continuare il percorso per ottenere la licenza media. “A questo va aggiunto il fatto che i ragazzi verranno strappati a un quartiere in cui sono perfettamente integrati”, racconta a ilfattoquotidiano.it Dinah Caminiti, responsabile Aibi in Sicilia. “Tutti vanno a scuola, sei sono tesserati di una squadra di calcio. Tanto che in queste ore molte famiglie sono nella nostra sede per preparare gli striscioni per la manifestazione di protesta che si terrà martedì, quando i ragazzi verranno prelevati. Su uno c’è scritto: “A Camaro siamo tutti africani””.