Da Roma al resto d’Italia la rabbia monta. Il malcontento di milioni di cittadini è causato da diversi motivi: l’immigrazione incontrollata, il degrado delle periferie, gli allagamenti ripetuti per evitare i quali non si è fatto nulla, la crisi e in particolare il lavoro.
Come nel 2013, quando ottenne un grande risultato alle elezioni politiche, Grillo offre anche ora ascolto alla “rabbia che unisce” -come l’ha chiamata a Palermo-, eppure oggi i suoi consensi personali scendono e quelli del suo Movimento sono fermi al 20%.
Se il M5S rialzasse i toni e rivalutasse la sua posizione sull’immigrazione attrarrebbe i consensi di chi vive il disagio? Evidentemente no, dato che questi passi li ha già fatti. A salire, seppur con un messaggio di ribellione simile a quello del M5S, ma con una difficoltà in più data dalla localizzazione, è invece il segretario della Lega Salvini. Perché?
Il motivo è che a prendere consensi dalla rabbia sono solo le nuove realtà. Il M5S nel 2013 era nuovo al grande pubblico, ora è dentro al Palazzo. In tutto il mondo i gruppi di pressione, a volte detti di antipolitica, crescono finché restano fuori dalle istituzioni. Una volta dentro, sono a un bivio: cambiare forma, oppure calare fino a stabilizzarsi sullo zoccolo duro -se hanno fatto un buon lavoro-, ridimensionando i propri obiettivi.
Questo avviene perché ora loro stessi sono percepiti come politica. Continuando dunque a comunicare contro le istituzioni comunicano indirettamente anche contro loro stessi: per l’opinione pubblica loro sono dentro al Palazzo, se attacchi il Palazzo attacchi te stesso.
Credo sia dopo aver intuito questo che Grillo lanciò la proposta di uscire dal Parlamento per tornare fra la gente, il “Parlamento in piazza” annunciato poco prima del Circo Massimo. Ci fu una votazione online che ratificò la decisione, ma poi si optò per una manifestazione più classica, Italia 5 Stelle. Pur senza prevederlo, evidentemente inconsapevole di questa regola di comunicazione politica, il fondare del M5S ci era arrivato, ma il cambiamento era troppo grande da portare avanti da solo.
Anche la decisione di non andare in tv era maturata per lo stesso concetto di separare la propria immagine dalle istituzioni. Ma questa volta erroneamente: la tv è il riflesso di ciò che sei fuori, se lotti per “mandarli a casa”, vieni invitato in trasmissione per parlare e rimanere come quello che li vuole mandare a casa; se invece sei il politico a favore delle istituzioni ci vai come difensore delle stesse.
Se così non fosse, se sedere nello stesso contesto bastasse a fare di tutta l’erba un fascio, allora il Movimento non dovrebbe diffondere neanche i video degli interventi in Aula. È invece il gruppo che lo fa di più sul suo canale YouTube.
I sassi contro al Palazzo si tirano solo da fuori (o le uova, come fece Salvini nel 1999 tirandole a D’Alema, gesto per il quale fu condannato a trenta giorni di reclusione), per farlo serve sempre un partito nuovo, esterno e non associato alla politica. Per questo la Lega Nazionale di Salvini è adatta al ruolo.
Qualcuno obietterà che la Lega in realtà è tutt’altro che nuova, essendo in politica da decenni. È vero, ma non è la stessa Lega. Come il Pd di Renzi (lo paragonereste a un partito di origine comunista?) o il New Labour di Tony Blair, la Lega ha subito una profonda ristrutturazione con Salvini.
Fra i cambiamenti radicali c’è in programma quello del nome stesso del partito, che conterrà anche quello di Salvini; è già evidente la distanza dalla figura del fondatore Bossi, il non essere più legata solo alla Padania –la nuova Lega sarà nazionale-, e seppur abbia mantenuto un linguaggio estremista, ha espressioni e toni più simpatici rispetto a quelli del Senatùr -Salvini è più sorridente, di rado alza la voce anche davanti a situazioni estreme, usa t-shirt e felpe per lanciare messaggi-, inoltre ha in Parlamento una presenza esigua che non fa pretendere, come per il M5S (insensatamente dato che è all’opposizione), il conseguimento di grandi risultati.
Soprattutto, Salvini stesso è un leader nuovo al grande pubblico. Europarlamentare (chi li conosce?), consigliere al comune di Milano, deputato per poco tempo, non ha mai avuto prima d’ora ruoli di rilievo, grande visibilità e leadership.
Per esplodere del tutto a Salvini manca solo di cambiare nome al partito, cosa che come ha detto sta per fare. A quel punto il M5s dovrà riposizionarsi, enfatizzando i valori già propri di democrazia e legalità, allontanandosi dalle espressioni più estreme e favorendo quando possibile ogni opportunità di collaborazione, come per l’elezione della Sciarra alla Consulta. Divenendo così un riferimento per chi si ribella al potere in quanto cittadino informato (vedi Anonymous, Occupy Central e simili), e non per chi si ribella per sfogo.