Oltre quindici morti in due settimane negli scontri tra israeliani e palestinesi. Di oggi l’ultimo attentato in una sinagoga di Gerusalemme, dove due palestinesi hanno attaccato i fedeli che pregavano con asce e pistole, uccidendo quattro rabbini e un poliziotto, morto in serata, e ferendo altre sette persone, di cui due in modo grave. Con Hamas che grida all'”atto eroico” mentre Benjamin Netanyahu promette di “reagire duramente”, su Israele incombe lo spettro di una terza rivolta armata. “Siamo alle porte di una vera e propria Intifada innescata da Gerusalemme, al-Aqsa e dalle colonie”. È quanto ha dichiarato l’esponente di Hamas Mousa Abu Marzouq su Facebook, aggiungendo che “i martiri innocenti, ultimi dei quali Ghassan e Ouday Abu Jabal (i due attentatori di oggi, ndr) sono i fari che illuminano la soglia” di questa nuova “Intifada benedetta”. “A nulla serviranno i tentativi di far abortire questa Intifada”,  ha sottolineato l’esponente del movimento di resistenza islamico. Hamas parla di terza Intifada, ma non tutti gli osservatori sono d’accordo. Come ha detto al ilfattoquotidiano.it Gil Troy, editorialista del Jerusalem Post che vede nel termine Intifada un tentativo dei palestinesi “per passare da vittime”. Anche secondo Gideon Levy di Hareetz non si può parlare di terza Intifada perché “per adesso stiamo assistendo ad attacchi singoli, senza nessun gruppo di controllo dietro“. E rispetto al processo di pace? “Non è mai iniziato, Israele non la vuole”.

Continua a infiammarsi il clima tra ebrei e palestinesi. “È una campagna deliberata e non una serie accidentale di eventi”, ha detto il presidente israeliano Reuven Rivlin, mentre il premier Netanyahu ha ordinato la demolizione delle case dei due terroristi responsabili dell’attacco. Le vittime dell’attaco di questa mattina alla sinagoga nel quartiere ultraortodosso Har Nof erano quattro rabbini. Secondo il Jerusalem Post, si tratta di Aryeh Kopinsky, 43 anni, Shmuel Goldberg, 58, Calman Levine, 55, e Moshe Twersky, 60 anni, direttore della Yeshivah Toras Moshe, scuola religiosa di lingua inglese. L’emittente Usa Fox News ha confermato, inoltre, che tre delle vittime (Kopinsky, Levine e Twersky) avevano la doppia nazionalità israelo-statunitense mentre Goldberg era israelo-britannico. Tra i feriti, invece, un cittadino canadese. Nell’attacco la polizia ha ucciso i due attentatori. Si tratta di Ghassan Abu Jamal e suo cugino Udayy Abu Jamal. I due palestinesi provenivano da Gerusalemme est ed erano stati rilasciati dalle prigioni israeliane nel 2011, in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit.  

L’attentato, riportano radio Gerusalemme e la radio militare israeliana, è stato rivendicato dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina, di ispirazione marxista. Hamas ha espresso soddisfazione per l’accaduto. Secondo il portavoce Mushir al-Masri “è stata una vendetta eroica e rapida per l’esecuzione di Yusuf al-Rumani”, un conducente di autobus palestinese trovato impiccato domenica a Gerusalemme. Per la sua morte l’esito dell’autopsia parla di suicidio. “Hamas – si legge in una nota – chiede di continuare azioni di vendetta”. Anche l’ex ministro degli Esteri di Hamas, Mahmoud al-Zahar, ha commentato l’attacco, scrivendo su Twitter che gli attentatori sono “benedetti“. Nel frattempo sul web il braccio armato di Hamas ha pubblicato un filmato in cui minaccia in arabo e in ebraico una serie di attentati nella città di Israele.

Ho provato a scappare. L’uomo con il coltello mi si è avvicinato. Fra noi c’erano una sedia e il tavolo, ha preso il mio scialle da preghiera, io l’ho lasciato lì e sono scappato”, racconta alla tv israeliana Channel 2 un testimone che si trovava nella sinagoga al momento dell’attacco. Si tratta dell’attentato con più vittime a Gerusalemme da anni e probabilmente inasprirà le tensioni e i timori di violenze in città, dove la situazione è già tesa in relazione agli scontri per l’accesso alla Spianata delle moschee, luogo sacro sia per ebrei che musulmani. Il mondo arabo, infatti, teme di vedersi privare l’accesso alla Spianata dopo l’escalation di violenze iniziata due settimane fa, quando un gruppo di attivisti ebrei è voluto entrare nell’area per pregare per la salute del rabbino Yehuda Glick, ferito da un presunto attentatore palestinese perché si batteva per la costruzione di un tempio ebraico nella Spianata. Ma la rabbia dei palestinesi è stata anche scatenata dagli annunci di Tel Aviv riguardo a 1.060 nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania

E mentre il presidente palestinese Abu Mazen ha condannato “l’uccisione dei fedeli ebrei a Gerusalemme e di altri civili ovunque essi siano”, l’attacco del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman è proprio contro Abu Mazen che “sta intenzionalmente trasformando il conflitto arabo-israeliano in una guerra di religione tra ebrei e musulmani”. Lieberman ha poi aggiunto che Abu Mazen incoraggia questo tipo di attacchi definendo gli ebrei “impuri” e inadatti alla preghiera sul Monte del Tempio. Un atteggiamento che “deve essere denunciato dalla comunità internazionale”, ha concluso il ministro degli Esteri israeliano. Pronta la condanna del segretario di Stato americano, John Kerry: “Atto di puro terrore e di insensata brutalità e violenza”, sono le parole del segretario Usa seguite da quelle del presidente Barack Obama: “Non c’è giustificazione per questi atti sui civili”. Si dice “inorridito” l’ambasciatore Ue in Israele Lars Faaborg-Andersen. “Ferma condanna” del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, mentre il primo ministro David Cameron si dice “costernato dall’orribile attacco”.

Oltre a condannare l’attacco alla sinagoga, però, il presidente palestinese Abu Mazen ha anche chiesto a Israele di porre fine alle “provocazioni” legate alla Spianata delle moschee. Israele dovrebbe fermare “l’invasione” della Spianata e “l’incitamento” alle tensioni da parte dei suoi ministri. La scorsa settimana le tensioni sembravano essersi placate a seguito di un incontro fra il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il segretario di Stato americano John Kerry e il re Abdullah II di Giordania ad Amman. Si era trattato di un tentativo di ripristinare la calma dopo mesi di confronti violenti proprio intorno alla Spianata. Allora israeliani e palestinesi avevano detto che avrebbero intrapreso azioni mirate a ridurre la tensione e a evitare un’escalation di violenze.

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