Secondo un sondaggio che solo ai piani alti del Nazareno è noto, Cofferati sarebbe in vantaggio su Paita in un contesto di grande disamore degli elettori. Nelle idee di Renzi, però, il Guardasigilli risolverebbe la situazione e darebbe un segno di cambiamento dopo l'era Burlando
All’apparenza il rinvio delle Primarie liguri del Pd all’11 gennaio – ratificato con la benedizione del vicesegretario nazionale, Lorenzo Guerini, che peraltro aveva tentato di strappare un rinvio a data da destinarsi – sembrerebbe un punto a favore di Sergio Cofferati, che fin da subito si era speso pubblicamente per sospendere la raccolta di firme per le consultazioni interne al partito, fissate al 21 dicembre. In realtà la decisione nasconde ben altro. Ovvero il tentativo di sparigliare le carte e puntare su un terzo candidato che metta d’accordo le due anime del partito locale. Il nome è quello dello spezzino Andrea Orlando, ministro della Giustizia. L’endorsement verrebbe addirittura da Matteo Renzi, preoccupato dai risultati di un sondaggio supersegreto (lo conoscono soltanto lui e Guerini) che darebbero Cofferati in vantaggio sulla Paita nelle intenzioni di voto dei militanti liguri. Il sondaggio romano segnalerebbe anche una disaffezione dell’elettorato nei confronti di un partito percepito come ondivago e spaccato.
La candidatura di Orlando, se venisse formalizzata, garantirebbe al Pd romano una salda presa sull’eventuale governatore ligure, spezzando il legame di potere di Claudio Burlando, che governa la Liguria da dieci anni e che negli ultimi tempi ha avuto più di qualche problema. Le polemiche a distanza fra il capo della Protezione Civile, Gabrielli, e lo stesso Renzi sulla gestione dell’emergenza e sulla politica di salvaguardia del territorio hanno lasciato il segno. Al Nazareno si teme che col ricordo ancor fresco delle devastazioni e dei morti, i liguri alle urne decidano di mollare il Pd e rivolgersi altrove. Orlando sarebbe percepito come una candidatura nuova, di rottura col passato e in continuità con la linea dell’Italia che cambia verso. Almeno questo sperano ai piani alti del Pd romano. Il punto è: Cofferati e Paita accetteranno di fare il passo indietro indispensabile per spianare la strada a Orlando? E ancor prima, il Guardasigilli si lascerà a convincere a correre una gara che per mesi si è rifiutato di affrontare?
Un dirigente del Pd locale che chiede l’anonimato ha detto la sua a ilfattoquotidiano.it: “Servirà l’intervento diretto di Renzi su Cofferati e Paita, oltre che su Orlando. Ma la vedo dura. Cofferati sta raccogliendo notevoli adesioni in tutte le province liguri e non gradirà di ritirarsi dopo essere stato tanto sollecitato ed accettare la sfida. Paita è in campo da molti mesi e conoscendola penso si dichiarerà indisponibile. Orlando? Si tiene molto abbottonato. Ha chiesto di vedere il sondaggio ma finora non è stato accontentato. Neppure al ministro Pinotti sono stati mostrati i risultati”. Interpellato da ilfattoquotidiano.it Sergio Cofferati è stato chiaro: “A quanto mi consta lo scenario del terzo candidato che elimina gli altri non esiste. A Roma avrebbero potuto candidare Orlando per tempo, se non lo hanno fatto avranno avuto delle buone ragioni. Se lo facessero ora? Dovranno spiegarlo e anche aspettarsi dei dinieghi…”. Dunque no da Cofferati all’eventuale invito a farsi da parte. E no anche da Raffaella Paita: “Se me lo chiedessero risponderei di no. Non mi chiamerei fuori – ha detto a ilfattoquotidiano.it – Sono da sempre una sostenitrice delle primarie, uno strumento di democrazia utile tanto più adesso. Non sarebbe giusto nascondersi dietro la colonna ed evitare il giudizio della nostra base. E sarebbe anche in contraddizione con quanto Renzi ha fatto per arrivare alla guida del partito. Ritengo quindi che quella richiesta non mi arriverà mai”.
Il nome del ministro della Giustizia era circolato diversi mesi fa, quando il partito ligure era alla ricerca di un rivale da opporre a Raffaela Paita. Orlando aveva temporeggiato lasciando intendere di preferire restare alla guida del ministero di via Arenula. Lo scenario ora è cambiato. Anche l’alluvione, anzi le alluvioni in serie che hanno devastato Genova e la Liguria hanno giocato un ruolo nel ribaltone che si va profilando. Le catastrofi meteorologiche hanno messo il dito nella piaga delle inadempienze della giunta guidata da Burlando, il king maker di Raffaella Paita, a propria volta finita nel turbine delle polemiche per i ritardi nel lanciare l’allarme per l’esondazione del Bisagno. Paita è stata convocata negli uffici della procura e ascoltata per quattro ore come persona informata dei fatti sulla tragica notte del 9 ottobre scorso. La sovraesposizione anche mediatica non ha fatto certamente bene alla sua immagine pubblica.
Se la mossa ispirata da Roma raggiungesse lo scopo, ci si troverebbe di fronte ad uno scenario radicalmente cambiato, rispetto a quello che si era profilato dopo la discesa in campo dell’ex segretario della Cgil ed ex sindaco di Bologna, ora europarlamentare ligure. A l Nazareno qualcuno ai piani alti comincia a pensare che comunque vada a finire la “guerra” fra Raffaella Paita e Sergio Cofferati per la conquista del Pd ligure, a rimetterci sarebbe il Pd. Il timore diffuso è che la sfida Cofferati-Paita si trasformi in un referendum sulla politica economica del governo. Cofferati è uno strenuo sostenitore dell’art 18 e non mancherebbe di farlo notare in campagna elettorale. La sua eventuale vittoria alle Primarie creerebbe più di un imbarazzo al governo e a Matteo Renzi, tuttora impegnato nello showdown interno sul Jobs Act. Meglio dunque eliminare il pericolo alla radice. La quarantenne assessore alle Infrastrutture e alla Protezione Civile può contare sull’appoggio di Burlando e dei renziani cosiddetti ortodossi (molto numerosi in regione) ma si teme sia percepita come il prolungamento del potere di Burlando. Paita a Roma riscuote le simpatie di Luca Lotti, ma non di Guerini e di Renzi, entrambi poco in sintonia con Burlando.
Sull’altro fronte, la visita genovese del coordinatore Giovanni Toti ha ricordato che la linea berlusconiana privilegia l’alleanza allargata Fi, Ncd, Udc, Lega Nord e Fratelli d’Italia. Il senatore Sandro Biasotti, coordinatore ligure di Fi, si è impuntato. Non gli va di riaccogliere di “traditori” dell’Udc che si erano schierati con la giunta Burlando. Fratelli d’Italia, per bocca del coordinatore, Gianni Plinio, reclama le primarie. Toti gli ha lasciato pochissime speranze. Si cerca il candidato. Il migliore sarebbe Enrico Musso, che ha sfidato e perso due volte (contro Vincenzi e Doria) per la poltrona di sindaco di Genova. Musso si è staccato da Berlusconi e questo è un peccato che a palazzo Grazioli non perdonano. Anche il M5S è in caccia del nome giusto, sulla piattaforma internet riservata ai militanti.