Bagarre in aula Giulio Cesare, divisa tra contestatori e sostenitori del sindaco. Che spiega: "Ho pagato le contravvenzioni anche se non dovevo". E poi attacca: "Ci sono tanti poteri e tanti interessi che non gradiscono il lavoro che stiamo facendo"
E’ stata bagarre, come ampiamente annunciato. Quando Ignazio Marino ha preso la parola in aula Giulio Cesare, in Campidoglio, per dire la propria sullo scandalo multe che sta mettendo a dura prova la tenuta del suo mandato, sul sindaco di Roma è piovuta una pioggia di urla e di fischi, controbilanciati da applausi e grida di approvazione: da una parte i contestatori guidati da Roberta Angelilli, del Nuovo Centrodestra; dall’altra lo schieramento “marinista” con decine di sostenitori che sventolavano bandiere con la scritta “Marino sindaco”. Il caso, oggetto di un’interrogazione parlamentare firmata dal senatore Ncd Andrea Augello, vedrebbe il sindaco colpevole di essere entrato con un pass scaduto nella zona a traffico limitato della Capitale e non aver pagato otto multe. Dopo giorni di fibrillazione e richieste di spiegazioni (e di dimissioni), Marino arriva in consiglio per comunicare la propria decisione: si scusa per le multe, ma non si dimette.
Il primo cittadino viene accolto in aula al grido di “dimissioni, dimissioni”. “Te ne devi andare”, urlavano alcuni membri del pubblico mascherati da pagliacci. “Sul caso multe ci metto la faccia e le ho pagate anche se non dovevo – spiega Marino, non appena riesce a prendere la parola – la mia auto è stata fotografata anche in divieto di sosta. Anche di questo mi assumo la responsabilità e chiedo scusa ai romani e alle romane”. “Avendo una sola auto – continua il sindaco – la famosa Panda rossa ormai considerata più pericolosa di un caccia bombardiere del Nord della Corea che invade lo spazio aereo dell’isola di Okinawa, ho usufruito di un solo permesso sui 4 disponibili, che è stato richiesto agli uffici al momento dell’insediamento. L’auto è sempre stata autorizzata a circolare, e per questo le famose multe sono state annullate“.
“Dalla ricostruzione che ho fatto è evidente che siano state commesse delle disattenzioni da parte degli uffici competenti nel seguire correttamente tutta la procedura. Errori che non hanno prodotto danni a nessuno, se non a me stesso. Ritengo siano errori di gravità assai limitata – aggiunge – errori cui si è rimediato, errori che non giustificano il clamore che si è costruito intorno a questa vicenda”. Marino ha aggiunto di avere pagato le multe “per non creare un conflitto tra sindaco e amministrazione”: “Ho detto agli uffici, che pur mi comunicavano che non ero tenuto a farlo, che volevo pagare le multe. Mi sono state indicate le somme e ho pagato. Non alla cassa dell’ufficio contravvenzioni – spiega – perché non poteva ricevere il pagamento, visto che le multe erano annullate ma all’ufficio postale, con semplici bollettini che ho compilato per un totale di 1.021,52 euro, che almeno ritroveremo nelle casse del Comune in vista dell’assestamento di bilancio”.
“Ho letto di mie dimissioni, ho sorriso – passa al contrattacco il sindaco – chi parla di dimissioni non vuole capire la portata della nostra sfida”. E questa volta il sindaco viene interrotto da un gruppo di sostenitori che sventolano bandiere recanti la scritta “Marino sindaco”. “Non è una sfida personale, ma è l’ambizione di cambiare Roma – continua il sindaco – farla uscire dalle macerie economiche e morali in cui è piombata dopo anni di incuria. La strada intrapresa è quella giusta. Non sono qui a cantare le lodi della giunta. So che ci sono settori in cui potremmo essere più incisivi, va data maggiore attenzione alle persone più deboli e alla cura della città – ha aggiunto – come so che per realizzare le ambizioni di cambiamento c’è ancora molto da far. mia responsabilità dimostrare che potremo riuscirci insieme”.
“Ho detto che ci sono tanti poteri e tanti interessi che non gradiscono il lavoro che stiamo facendo. E lo confermo – ha aggiunto Marino – chi vede finire monopòli, rendite di posizione, abusivismi, corruzione, mancato rispetto delle regole, chi in quel sistema che stiamo contrastando trovava la ragione della propria forza, è normale che non gradisca il nostro lavoro e che ci osteggi duramente. Io, invece, credo che i tempi siano cambiati”. Per questo “spero che si smetta di chiedere le mie dimissioni: sarebbe l’unico caso al mondo in cui si chiede di dimettersi ad un sindaco che ha pagato multe che non doveva pagare“.