A luglio è finito sulle pagine del quotidiano francese Le Monde per essere stato il primo a fare uno studio sulla ricchezza della Repubblica islamica di Mauritania basata non sul Pil ma sul patrimonio dello Stato dato, soprattutto, da risorse naturali, qualità della vita, rispetto dei diritti umani, livello di governance e di istruzione. Gianluca Mele, 31 anni, da Salerno a Washington, dentro i palazzi della Banca Mondiale, si sente in debito con l’Italia: “Lo devo innanzitutto al mio Paese se oggi sono arrivato fin qui”. Perché? “Nel 2010 ho vinto il bando del Junior professional officer (Jpo), un programma delle Nazioni Unite finanziato da circa venti governi, tra cui l’Italia, e rivolto ai giovani under 30. Diciamo un’autostrada per le carriere nelle istituzioni internazionali. Eravamo più di 3000 candidati per 17 posti”.
“Ci credevo poco – confessa -, figurati se prendono me, dubitavo, ci sarà l’amico del funzionario… e invece mi sbagliavo. Non volevo iscrivermi, un mio collega francese mi ha spinto. Solo quando ho passato lo scritto ho iniziato a crederci. Poi ho vinto ed eccomi qua. Felice”. Da due anni con un contratto di lavoro all’interno del dipartimento di macroeconomia e gestione fiscale della Banca mondiale, dove cura in prima persona dei progetti di sviluppo della Mauritania. “Aiutiamo i funzionari del governo a migliorare le loro capacità tecniche in ambito economico. Ogni tre mesi vado in Africa per un paio di settimane. La mia manager è italiana, segue l’Africa occidentale e l’Europa orientale. Il direttore invece è argentino”. I due anni precedenti li ha fatti al dipartimento di commercio internazionale. Lì ci entrato grazie al Jpo. “Per quel periodo mi ha pagato lo stipendio il governo italiano”. Conclusa l’esperienza lo staff gli ha chiesto di rimanere. “Erano soddisfatti del mio lavoro, ho dovuto fare solo un colloquio”. Oggi guadagna oltre quattro mila euro al mese, è al livello 2, il top è il 5. “Qui riesco a pensare al futuro. E questo è un lusso. Posso mettere insieme i pezzi della mia vita e questo mi tranquillizza”.
Da quando è in America ha imparato due cose. La prima: valorizzarsi, sminuirsi mai. “La prima settimana entrò una collega e mi chiese subito dove avevo fatto il dottorato, senza chiedermi come mi chiamavo. Io risposi che non ce l’avevo un dottorato. Lei fece un sorriso di circostanza. Qui le domande mirano a classificarti. A volte sono brutali. Se rimani in ufficio fino a tardi vuol dire che lavori tanto. C’è una competizione costante, l’americano dice ‘I’m the best’. All’inizio senti tanta pressione addosso, tornavo a casa la sera provato”.
Poi ci ha fatto l’abitudine e lui è cambiato. “Ora anziché rispondere ‘no’, dico cosa so fare e trovo una spiegazione. Per esempio, direi che il dottorato non sia l’unico indice da prendere in considerazione per valutare le competenze di una persona”. La seconda cosa che ha fatto sua è “sentirsi un civil servant, cioè un servitore civile. È la definizione inglese per chi, come me, lavora in un’istituzione internazionale e quindi ha una responsabilità pubblica”. Oltreoceano Gianluca si è accorto che c’è più rispetto per i beni comuni. “In Italia sei figo se riesci a fare una corsa sul bus senza pagare il biglietto, qui ti devi vergognare. Da noi è comune il free rider, qui meno, per fortuna”. Quello però che non sopporta sono i legami liquidi, “difficile farsi dei veri amici, si esce insieme e dopo non sai se uscirai ancora con le stesse persone. A pelle sono calorosi, in fondo sono più distaccati. Per questo frequento di più gli europei, molti che lavorano in BM, altri al Fondo monetario”. Chissà che noia: “Macchè!” e si mette a ridere, “usciamo dai panni ufficiali e ci divertiamo come tutti”. Altro neo: il cibo, più che altro per come viene consumato, “in modo frugale, tanto perché bisogna riempirsi lo stomaco”. Il “multidating” invece non riesce proprio a digerirlo: “All’inizio di un rapporto si usa uscire con più ragazze allo stesso tempo. È scontato, non c’è bisogno di dichiararlo. Sono coppie aperte. Quindi per evitare la brutta sorpresa devi mettere le cose in chiaro”.
Uscire dall’Italia per Gianluca è stata una scelta fisiologica. Laureato in Relazioni internazionali alla Luiss di Roma. Da sempre con il pallino dell’economia. Parla quattro lingue (inglese, francese, spagnolo e tedesco) e non ha mai provato a cercare lavoro in Italia. Dopo la laurea era già a Ginevra per uno stage di tre mesi all’Unctad, l’agenzia delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo. “È stato il mio trampolino di lancio. Ho fatto domanda sul sito dell’Onu e mi hanno preso. Anche qui referenze zero. Nessun amico di amico che potesse aver suggerito il mio nome – Gianluca lo ricorda ancora con l’aria stupita, sconvolto da certi vizi italiani -. Mi chiesero se volessi prolungare lo stage di altri due mesi. Ok. Dopodiché mi proposero un contratto di consulenza di quattro mesi. Me lo rinnovarono per altri otto. Nel frattempo vinsi un posto all’International trade centre, un’agenzia del Wto (Organizzazione mondiale del commercio, ndr), sempre a Ginevra”. In quei giorni, partecipava anche al bando del governo italiano. Ha mollato il posto e si è tuffato in ques’altra avventura. Ne è valsa la pena.
Ancora prima aveva rotto il ghiaccio con un Erasmus a Strasburgo. “Mentre studiavo ne ho approfittato per farmi uno stage al Parlamento europeo”. Si è arrangiato: “Sono andato di fronte al Parlamento e quando riconoscevo un funzionario italiano lo bloccavo. Alla fine ce l’ho fatta. Ho lavorato con l’assistente di un nostro parlamentare. Avevo quasi 20 anni. Ero affascinato dalle sedute plenarie. La consapevolezza di essere in un posto con tante nazionalità, di avere colleghi da tutto il mondo, mi faceva venire i brividi”.
Cervelli in fuga
Da Salerno alla Banca Mondiale in Usa. “Qui vivo il lusso di pensare al futuro”
Gianluca Mele, 31 anni, vive Washington. Laureato in Relazioni internazionali a Roma, negli Stati Uniti ha imparato a valorizzarsi dal punto di vista professionale. E ad apprezzare alcune differenze rispetto al suo Paese. Inclusa l'abitudine di non usare gratis i trasporti pubblici: "In Italia sei figo se riesci a fare una corsa sul bus senza pagare il biglietto, qui ti devi vergognare"
A luglio è finito sulle pagine del quotidiano francese Le Monde per essere stato il primo a fare uno studio sulla ricchezza della Repubblica islamica di Mauritania basata non sul Pil ma sul patrimonio dello Stato dato, soprattutto, da risorse naturali, qualità della vita, rispetto dei diritti umani, livello di governance e di istruzione. Gianluca Mele, 31 anni, da Salerno a Washington, dentro i palazzi della Banca Mondiale, si sente in debito con l’Italia: “Lo devo innanzitutto al mio Paese se oggi sono arrivato fin qui”. Perché? “Nel 2010 ho vinto il bando del Junior professional officer (Jpo), un programma delle Nazioni Unite finanziato da circa venti governi, tra cui l’Italia, e rivolto ai giovani under 30. Diciamo un’autostrada per le carriere nelle istituzioni internazionali. Eravamo più di 3000 candidati per 17 posti”.
“Ci credevo poco – confessa -, figurati se prendono me, dubitavo, ci sarà l’amico del funzionario… e invece mi sbagliavo. Non volevo iscrivermi, un mio collega francese mi ha spinto. Solo quando ho passato lo scritto ho iniziato a crederci. Poi ho vinto ed eccomi qua. Felice”. Da due anni con un contratto di lavoro all’interno del dipartimento di macroeconomia e gestione fiscale della Banca mondiale, dove cura in prima persona dei progetti di sviluppo della Mauritania. “Aiutiamo i funzionari del governo a migliorare le loro capacità tecniche in ambito economico. Ogni tre mesi vado in Africa per un paio di settimane. La mia manager è italiana, segue l’Africa occidentale e l’Europa orientale. Il direttore invece è argentino”. I due anni precedenti li ha fatti al dipartimento di commercio internazionale. Lì ci entrato grazie al Jpo. “Per quel periodo mi ha pagato lo stipendio il governo italiano”. Conclusa l’esperienza lo staff gli ha chiesto di rimanere. “Erano soddisfatti del mio lavoro, ho dovuto fare solo un colloquio”. Oggi guadagna oltre quattro mila euro al mese, è al livello 2, il top è il 5. “Qui riesco a pensare al futuro. E questo è un lusso. Posso mettere insieme i pezzi della mia vita e questo mi tranquillizza”.
Da quando è in America ha imparato due cose. La prima: valorizzarsi, sminuirsi mai. “La prima settimana entrò una collega e mi chiese subito dove avevo fatto il dottorato, senza chiedermi come mi chiamavo. Io risposi che non ce l’avevo un dottorato. Lei fece un sorriso di circostanza. Qui le domande mirano a classificarti. A volte sono brutali. Se rimani in ufficio fino a tardi vuol dire che lavori tanto. C’è una competizione costante, l’americano dice ‘I’m the best’. All’inizio senti tanta pressione addosso, tornavo a casa la sera provato”.
Poi ci ha fatto l’abitudine e lui è cambiato. “Ora anziché rispondere ‘no’, dico cosa so fare e trovo una spiegazione. Per esempio, direi che il dottorato non sia l’unico indice da prendere in considerazione per valutare le competenze di una persona”. La seconda cosa che ha fatto sua è “sentirsi un civil servant, cioè un servitore civile. È la definizione inglese per chi, come me, lavora in un’istituzione internazionale e quindi ha una responsabilità pubblica”. Oltreoceano Gianluca si è accorto che c’è più rispetto per i beni comuni. “In Italia sei figo se riesci a fare una corsa sul bus senza pagare il biglietto, qui ti devi vergognare. Da noi è comune il free rider, qui meno, per fortuna”. Quello però che non sopporta sono i legami liquidi, “difficile farsi dei veri amici, si esce insieme e dopo non sai se uscirai ancora con le stesse persone. A pelle sono calorosi, in fondo sono più distaccati. Per questo frequento di più gli europei, molti che lavorano in BM, altri al Fondo monetario”. Chissà che noia: “Macchè!” e si mette a ridere, “usciamo dai panni ufficiali e ci divertiamo come tutti”. Altro neo: il cibo, più che altro per come viene consumato, “in modo frugale, tanto perché bisogna riempirsi lo stomaco”. Il “multidating” invece non riesce proprio a digerirlo: “All’inizio di un rapporto si usa uscire con più ragazze allo stesso tempo. È scontato, non c’è bisogno di dichiararlo. Sono coppie aperte. Quindi per evitare la brutta sorpresa devi mettere le cose in chiaro”.
Uscire dall’Italia per Gianluca è stata una scelta fisiologica. Laureato in Relazioni internazionali alla Luiss di Roma. Da sempre con il pallino dell’economia. Parla quattro lingue (inglese, francese, spagnolo e tedesco) e non ha mai provato a cercare lavoro in Italia. Dopo la laurea era già a Ginevra per uno stage di tre mesi all’Unctad, l’agenzia delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo. “È stato il mio trampolino di lancio. Ho fatto domanda sul sito dell’Onu e mi hanno preso. Anche qui referenze zero. Nessun amico di amico che potesse aver suggerito il mio nome – Gianluca lo ricorda ancora con l’aria stupita, sconvolto da certi vizi italiani -. Mi chiesero se volessi prolungare lo stage di altri due mesi. Ok. Dopodiché mi proposero un contratto di consulenza di quattro mesi. Me lo rinnovarono per altri otto. Nel frattempo vinsi un posto all’International trade centre, un’agenzia del Wto (Organizzazione mondiale del commercio, ndr), sempre a Ginevra”. In quei giorni, partecipava anche al bando del governo italiano. Ha mollato il posto e si è tuffato in ques’altra avventura. Ne è valsa la pena.
Ancora prima aveva rotto il ghiaccio con un Erasmus a Strasburgo. “Mentre studiavo ne ho approfittato per farmi uno stage al Parlamento europeo”. Si è arrangiato: “Sono andato di fronte al Parlamento e quando riconoscevo un funzionario italiano lo bloccavo. Alla fine ce l’ho fatta. Ho lavorato con l’assistente di un nostro parlamentare. Avevo quasi 20 anni. Ero affascinato dalle sedute plenarie. La consapevolezza di essere in un posto con tante nazionalità, di avere colleghi da tutto il mondo, mi faceva venire i brividi”.
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Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, ex agente di Polizia penitenziaria, avrebbe avuto dei contatti con un uomo della Cia, che avrebbe fatto da "garante" per "i progetti" della criminalità organizzata. A rivelarlo è lo stesso Riggio, proseguendo la sua deposizione al processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l’accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
Alla domanda del Procuratore aggiunto Pacifico se ha mai conosciuto "un soggetto di nome Roger D'Onofrio?", Riggio ha risposto: "Sì. Mi è stato presentato da Giuseppe Porto", un detenuto che il collaboratore ha conosciuto in carcere. "In una occasione - racconta Riggio - andai a Benevento presso lo studio dell'ingegnere Antonio D'Onofrio. Roger D'Onofrio era anziano, ultrasettantenne. Porto disse che era il nostro 'garante' per tutte le operazioni che dovevamo fare. Era un appartenente ai servizi segreti americani in Italia, era della Cia. Mi fu detto da Porto".
E poi Pietro Riggio aggiunge: "Stavamo progettando la realizzazione di un pastificio per dare una parvenza legale e giustificare i movimenti di Porto e altri soggetti in territorio di Caltanissetta". A quel punto, il pm Pacifico ha chiesto il riconoscimento fotografico di D'Onofrio a Riggio. E gli mostra un album fotografico. "Sì, D'Onofio è al numero 10", dice Riggio.
Roger d'Onofrio era un agente della Cia. Italiano di origini, nel 1983 D'Onofrio era stato coinvolto in un traffico d’armi verso il Medio Oriente. Lo 'spione' degli americani il 2 dicembre 1995 venne arrestato. L’ipotesi era che avesse svolto un ruolo nel commercio di armi dalla Croazia, fatte arrivare in Italia via Albania.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La risoluzione del Pd, frutto di un lavoro condiviso positivo, contiene un messaggio chiaro, l'invito a rafforzare il percorso di costruzione dell'autonomia strategica dell'Europa". Lo ha detto Piero De Luca, deputato e capogruppo del Pd in commissione politiche europee, a margine della riunione dei gruppi congiunti dem sulla risoluzione Ue.
"Ribadiamo la linea chiara sulla politica estera con il pieno sostegno all'Ucraina e il rilancio di un'azione diplomatica di pace che veda protagonista l'Europa. Condanniamo la guerra commerciale dei dazi invitando ad evitare illusorie scorciatoie bilaterali, ed chiediamo al governo di avviare il percorso per raddoppiare le risorse del prossimo bilancio pluriennale europeo, così come di lavorare a nuovi investimenti con debito comune, sulla scia del Next Generation per rilanciare la competitività e difendere il nostro modello sociale di welfare".
"Abbiamo poi rivolto al Governo l'invito a promuovere investimenti congiunti necessari per realizzare l’autonomia strategica nella sicurezza comune, a coordinare le capacità industriali, a rafforzare l'interoperabilità dei sistemi difesa, verso un esercito comune. In tal senso, è importante lavorare nel corso del negoziato sul Libro bianco per cambiare gli elementi di criticità del Piano di riarmo, per condizionare tutte le spese, gli strumenti e gli investimenti alla pianificazione, allo sviluppo, all’acquisizione e alla gestione di capacità comuni per evitare riarmi nazionali privi di coordinamento, ma ponendo invece le basi per la costruzione di una vera e propria difesa europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali". Occorre quindi un approccio a 360 gradi, perché "senza difesa non c'è sicurezza, senza sicurezza non c'è libertà". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "L'invio di truppe italiane in Ucraina non è mai stato all'ordine del giorno così come riteniamo che l'invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito sia un'opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Poste Italiane amplia la diffusione del servizio di richiesta e rinnovo del passaporto negli uffici postali, che da oggi è attivo anche in 12 uffici di Milano, 12 di Napoli, 3 di Bergamo e in 4 comuni della provincia di Firenze. Milano, Napoli e Bergamo si aggiungono quindi a Roma, Bologna, Verona, Cagliari, Aosta, Catanzaro, Perugia, Venezia, Matera, Modena, Monza e Brianza, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Sassari, Treviso e Vicenza dove il servizio è disponibile già da alcuni mesi. Il servizio, si legge in una nota, è stato esteso inoltre in 88 uffici postali nei Comuni della provincia di Milano, in 42 della provincia di Napoli e in 121 della provincia di Bergamo: tutti inclusi nel progetto Polis di Poste Italiane, l’iniziativa rivolta ai 6.933 Comuni al di sotto di 15 mila abitanti che permette ai cittadini l’accesso digitale ai servizi della pubblica amministrazione direttamente dagli uffici postali. In totale, sono circa 14 mila le richieste di passaporto presentate nei 388 uffici postali abilitati delle grandi città in cui è disponibile il servizio. Ad esse si aggiungono le circa 25 mila richieste presentate nei 2.052 uffici postali dei Comuni inclusi nel progetto Polis
Ottenere il rilascio o il rinnovo del passaporto è un’operazione estremamente semplice. Grazie alla Convenzione firmata tra Poste italiane, Ministero dell’Interno e Ministero delle imprese e del made in Italy, infatti, agli interessati basterà consegnare all’operatore del più vicino ufficio postale del proprio Comune un documento di identità valido, il codice fiscale, due fotografie, pagare in ufficio il bollettino per il passaporto ordinario della somma di 42,50 euro e una marca da bollo da 73,50 euro. In caso di rinnovo bisognerà consegnare anche il vecchio passaporto o la copia della denuncia di smarrimento o furto del vecchio documento. Grazie alla piattaforma tecnologica in dotazione agli uffici postali abilitati, sarà lo stesso operatore a raccogliere le informazioni e i dati biometrici del cittadino (impronte digitali e foto) inviando poi la documentazione all’ufficio di Polizia di riferimento.
Per richiedere il rilascio del passaporto negli uffici postali delle grandi città è necessaria la prenotazione che si può fare registrandosi al sito di Poste Italiane. Il nuovo passaporto potrà essere consegnato da Poste Italiane direttamente a domicilio. Negli uffici postali Polis è possibile ritirare certificati anagrafici e di stato civile, certificati previdenziali, certificati per le pratiche di volontaria giurisdizione. Ad oggi sono stati erogati già 55 mila documenti. I nuovi servizi sono forniti dagli uffici postali allo sportello, nelle sale dedicate o tramite totem digitali che permetteranno al cittadino di eseguire le richieste in modalità self.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Sulla questione immigrazione "non dimentico il nostro impegno sulle soluzione innovative, come tra tutte, in prima battuta, il protocollo Italia-Albania che il Governo è determinato a portare avanti, anche alla luce dell'interesse e del sostegno mostrato da sempre più nazioni europee. Penso sia chiaro a tutti che se nella nuova proposta di Regolamento si propone di creare centri per i rimpatrii in Paesi terzi è grazie al coraggio dell'Italia, che anche su questo ha fatto da apripista". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La mediazione trovata nel Pd dimostra che non occorre alcun congresso: se i democratici discutono e si confrontano tra loro, si trova la sintesi migliore". Così la deputata Paola De Micheli a margine del dibattito nell’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari Pd sul Rearm e il conseguente voto a Senato e Camera.
"Questa posizione unitaria del Pd ci rimette dentro la discussione in corso in Europa sulla difesa e sull’integrazione europea, dibattito in cui il Partito democratico deve stare e ha il compito storico di indirizzarlo, in quanto delegazione più numerosa del Partito socialista europeo. E il Pd ha anche il compito di tenere la barra dritta sulla necessità di un’Europa unita e forte e di una difesa comune europea perché, come sottolineato oggi dalla segretaria Schlein, le destre assecondano le spinte nazionaliste che sempre hanno portato verso i conflitti e non verso la pace. In questo momento il governo Meloni è senza direzione, diviso sull’Europa e incapace di essere credibile nel cuore della politica continentale”.