Se il Cremlino ha rapporti sempre più tesi con Usa e Ue, Pyongyang cerca di uscire dall'isolamento volgendo lo sguardo verso Putin, che ha ricevuto il 18 novembre Choe Ryong Hae, inviato speciale di Kim Jong Un. Nell'ultimo anno i russi hanno cancellato il 90% del debito nordcoreano, il partner orientale ha allentato le regole per concedere visti agli investitori
Se i rapporti tra Corea del Nord e Cina danno segnali di scricchiolio, Pyongyang volge lo sguardo a Mosca. Il vice maresciallo Choe Ryong Hae (nella foto al momento della partenza da Pyongyang), uno degli uomini più importanti del regime, è stato ricevuto il 18 novembre a Mosca come inviato speciale di Kim Jong Un. Le date non sono ancora certe, il punto sono però i rapporti sempre più stretti con il Cremlino, quando sono trascorse poche settimane dall’incontro tra Vladimir Putin e il ministro della Difesa, Hyon Yong Choi, riportato dai media nordcoreani, e dopo mesi di accordi e contatti ai massimi livelli.
Secondo molti analisti il viaggio, annunciato dall’agenzia ufficiale nordcoreana Kcna, è l’ultimo di una serie di passi diplomatici decisi dal regime per uscire dall’isolamento, mentre cerca di scrollarsi le accuse di violazione dei diritti umani. L’inchiesta conclusa dalle Nazioni Unite non ha escluso che lo stesso Kim Jong Un possa rischiare di finire davanti al Tribunale penale internazionale, mentre il Paese resta ancora sotto sanzioni internazionali in risposta ai test nucleari e balistici condotti in spregio alle risoluzioni Onu. Come sottolinea il quotidiano sudcoreano Hankyoreh, la visita potrebbe anche avere lo scopo di preparare un ipotetico faccia a faccia tra il giovane leader nordcoreano e Putin.
Corea del Nord e Russia condividono i confini lungo una piccola porzione di territorio (circa 19 chilometri) nel nordest della Repubblica popolare democratica. L’ultimo importante accordo riguarda proprio la frontiera e l’intesa per rimpatriare entro 30 giorni gli immigrati irregolari che si muovono tra i due Paesi. L’accordo lascia tuttavia spazio di manovra ai russi, in particolare per evitare il rimpatrio di esuli, profughi e disertori, che in caso di ritorno in Corea potrebbero essere perseguitati e sottoposti a torture, punizioni, trattamenti inumani e degradanti.
Nell’ultimo anno sull’asse Pyongyang-Mosca sono state siglate anche altre importanti intese. A maggio i russi hanno cancellato circa il 90 per cento del debito nordcoreano, risalente all’epoca sovietica. La Corea ha dal canto suo allentato le regole per concedere visti agli investitori della Federazione. Mentre sono di poche settimane fa l’impegno russo a investire 25 miliardi di dollari nella modernizzazione di tremila chilometri di ferrovie nordcoreane e il passaggio al rublo per gli scambi tra i due Paesi.
Sullo sfondo di questa relazione ci sono da una parte il rinnovato interesse di Mosca a guardare a Est, anche come conseguenza della crisi ucraina e delle tensioni con gli Stati Uniti e l’Unione europea. Per quanto riguarda i nordcoreani, la strategia dipende in parte dal raffreddarsi dei rapporti con la Cina. All’interno della dirigenza cinese è aperto il dibattito sulla necessità o meno di ripensare l’alleanza con Pyongyang. In particolare, con la crisi scatenata lo scorso anno dal terzo test nucleare condotto a febbraio, a Pechino non manca chi ritiene gli atteggiamenti nordcoreani dannosi per gli interessi cinesi.
I nordcoreani, notano alcuni analisti del Sud, cercano inoltre di rafforzare la propria posizione diplomatica. In questo senso vanno considerati i recenti viaggi in Mongolia ed Europa di alti esponenti del Partito dei lavoratori, che tra gli altri Paesi hanno toccato anche l’Italia, accolti dal senatore Antonio Razzi.
di Andrea Pira