Leggo sull’Ansa dei dati Eures sui presunti femminicidi in Italia e resto basita. Da dove vengono quei numeri? Come hanno calcolato la questione? Non basta essere femmine ed essere uccise per parlare di femminicidio. Hanno contato le vittime di delitti commessi per questioni di denaro, di disagio mentale.
Temo siano state contate perfino quelle vittime di eutanasia, le donne anziane, molto malate, uccise da mariti, anch’essi anziani. Hanno forse contato le vittime della criminalità e cose del genere perché altrimenti non si spiega quel numero.
Il Bollettino di Guerra forse non sarà preciso ma conta una diversa cifra di femminicidi e perfino i centri antiviolenza penso che abbiano misurato altre somme. E allora perché questa esigenza di misurare ogni delitto che riguarda le donne con un termine che ha un significato ben diverso?
Varrà forse la pena di ripeterlo. Femminicidio è riferito a delitti che trovano cause nell’imposizione di ruoli di genere. Accade quando tu vieni obbligata a restare al tuo posto, di donna che deve adempiere a funzioni precise, perennemente al fianco di uomini con i quali non vuoi restare, a corrispondere al desiderio e al senso di possesso di persone che non hanno alcun rispetto della tua decisione.
Se tu vuoi andare ti uccidono. Se tu dici di no, quel no non ha alcuna importanza. Tu sei un oggetto del desiderio e delle decisioni di un altro e non un soggetto che decide in senso autodeterminato la propria esistenza. La violenza di genere ha a che fare con abusi e delitti che raccontano come il tuo corpo sia alla mercé di persone che non hanno alcun rispetto della tua volontà.
Perciò è una faccenda che riguarda anche gli stupri, così come l’imposizione di maternità, perché anche l’ostruzionismo fatto per impedirti una interruzione volontaria di gravidanza o di prendere la pillola del giorno dopo è violenza di genere.
La violenza di genere è tutta quella violenza commessa ai danni di una persona che viene predefinita secondo il ruolo che le viene attribuito a partire dal suo genere. Le donne possono o devono fare solo questo o quello, non possono fare quell’altra cosa che spetterebbe solo agli uomini, eccetera eccetera eccetera.
La violenza di genere e i femminicidi riguardano anche le prostitute, uccise da clienti che non accettano di essere archiviati dopo una prestazione sessuale o che non pagano e immaginano che quella prostituta non meriti rispetto per le sue scelte. Riguardano anche le trans, mai citate nelle conte per femminicidio, uccise per transfobia o per gli stessi, identici, motivi che hanno portato ai delitti contro le donne.
Io davvero vorrei capire a chi giova questa conta al rialzo, perché se aumenti la cifra e non distingui i delitti, a seconda della loro specificità, non potrai poi analizzarli e tentare di capire quali possono essere le soluzioni preventive, ché la soluzione per un problema sociale, economico, è diversa da quella che deriva da una cultura che vede le donne come subordinate alle decisioni di alcuni uomini.
Sullo sfondo restano i motivi che riguardano l’assenza di reddito, casa, per donne che non hanno alcuna indipendenza economica. Restano i motivi che riguardano quelle famiglie abbandonate a se stesse nella cura di persone affette da disturbi psichiatrici.
Restano i motivi che riguardano le famiglie in cui gli anziani sono lasciati a se stessi, lei si prende cura di lui, lui si prende cura di lei, con pensioni minime, senza risorse, con la stanchezza che avanza e il desiderio di porre fine a situazioni critiche. Situazioni che abbisognerebbero dell’attenzione di istituzioni che oramai hanno immiserito lo stato sociale sulla spinta di governi che hanno tutto l’interesse a delegare la responsabilità di certi delitti, tutti quanti, alla perfidia dell’uomo.
E’ troppo comodo, in special modo se chi si riempie la bocca di cifre che producono panico morale poi se ne frega di tutti i problemi che portano dritti a vere e proprie tragedie. Questa faccenda dei femminicidi, così amplificata, è diventata d’altronde una giustificazione per legittimare leggi che non ci servono a nulla, contenenti parentesi repressive per chi manifesta in piazza, in lotta per ottenere garanzie di diritti e un po’ di autonomia.
E’ diventata il brand utile a realizzare consenso, in uno spartiacque tra chi recita il mantra in senso acritico e chi viene bollat@ come brutt@ e cattiv@ se tenta un ragionamento un po’ più laico, lontano da schemi usati da folle isteriche che non vedono l’ora di trovare un capro espiatorio da linciare sul web.
Dietro questa maniera di gestire la faccenda in senso emergenziale si nasconde la tendenza di istituzioni che si appropriano di lotte gestite da donne in ben altra maniera per volgerle in senso giustizialista e securitario. Nulla che possa riguardarci e interessarci. Nulla che interessi me/noi che da tempo analizziamo il problema.
D’altronde la questione è sempre la stessa: novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, diventa solo un momento in cui tanta gente si serve della questione della violenza sulle donne per fare marketing. E nel frattempo le donne continuano a morire, certe sedicenti “femministe” si attaccano perfino ai disegni sulle camicie degli scienziati per dare sfogo al loro fanatico moralismo e vittimismo e le parlamentari ci insegnano che la depilazione nella vita è tutto.
Verrebbe da dire che contro l’emergenzialità sarebbe il caso di sfoggiare un pelo. Perché si, è un pelo che vi seppellirà.