L'Italia non ha una legge anche se nel 2009 il nostro Paese ha ratificato la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità, che tra le altre cose prevede l’adozione delle lingue dei segni. A distanza di cinque siamo fermi al punto di partenza
Per lo Stato italiano la Lingua dei segni (Lis) non esiste. Manca una legge che la riconosca. Come a Malta e in Lussemburgo. Unici casi in Europa. Eppure nel 2009 il nostro Paese ha ratificato la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità, che tra le altre cose prevede l’adozione delle lingue dei segni. A distanza di cinque siamo fermi al punto di partenza. Mentre tutti gli altri Stati dell’Unione europea l’hanno inserita nei loro ordinamenti. Cosa significa? “Che negli uffici pubblici, ambulatori, ospedali, sui trasporti, al lavoro, musei, teatri, cinema non abbiamo pieno accesso all’informazione per mancanza di interpreti Lis. O te li paghi di tasca tua oppure sei fregato” spiega Rosella Ottolini, referente dell’Ente nazionale sordi (Ens) per la Lombardia. La tariffa all’ora per un traduttore Lis va dai 70 euro circa a oltre 100.
Tutto questo provoca disagi enormi nella vita di tutti i giorni. Rosella fa due esempi che la riguardano. “Mi siedo sul mio solito treno pochi minuti prima della partenza. Intanto l’altoparlante interno alla stazione annuncia che la destinazione del treno era variata. E mi sono ritrovata in un posto diverso”. E poi: “Lavoro da 20 anni ma non ho possibilità di carriera perché non posso rispondere al telefono, né frequentare corsi di aggiornamento aziendali perché l‘azienda non vuole pagarmi l’interprete”. Nelle scuole, invece, “forniscono sempre meno ore di assistenti alla comunicazione per gli studenti sordi”.
Per chiedere la tutela della Lis la settimana scorsa la comunità dei sordi italiana, oltre 30mila persone, ha organizzato sit-in davanti alle prefetture di tutte le provincie. E il 20 novembre è previsto un corteo di protesta a Roma, che partirà da Piazza della Repubblica e arriverà fino in Piazza SS. Apostoli, dove sarà allestito un palco per gli interventi. Un anno fa l’Ens ha avanzato una proposta di legge in cui chiede di salvaguardare e diffondere tutti gli strumenti per la comunicazione dei non udenti e la necessità della diagnosi precoce attraverso lo screening neonatale. Ma il Parlamento dopo un anno non ne ha ancora preso visione. Per la Commissione Affari sociali alla Camera la legge è bloccata al Senato. “Per parte nostra – fa sapere – siamo pronti a esaminarla appena arriva qui da noi”. Ma la Commissione sanità di Palazzo Madama cade dalle nuvole e dice che non se ne è mai occupata. “Lo Stato si allegerisce la coscienza dando un assegno di disabilità di neanche 300 euro al mese. All’estero non serve perché c’è una rete di assistenza più solida” commenta Chiara Branchini, docente di Lingua dei segni italiana all’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’unica in Italia a ospitare una laurea triennale per la formazione di interpreti Lis.
“Dietro il ritardo del governo italiano – continua la professoressa – forse ci sono le pressioni della lobby degli audiologi che ricevono sovvenzioni statali per gli interventi di protesi. I soldi potrebbero essere investiti garantendo un servizio lis nei luoghi pubblici. Gli Impianti all’orecchio che mirano allo sviluppo della parola e la lingua dei segni non sono in contrapposizione – precisa -. Prima che la persona affetta da disabilità uditiva impari a usare la voce serve un lungo processo di logopedia, che può durare fino a 18 anni. Quindi deve sapere esprimersi a gesti”. Se non si interviene già dalla nascita la vita relazionale della persona si complica. “A differenza di qualsiasi altra lingua, questa non può essere tramandata dal nucleo famigliare. Il 95 per cento dei sordi nasce da genitori udenti e quindi non hanno una lingua in comune. Se il bambino non viene esposto a imput linguistici fin dai primi anni di vita farà fatica a rapportarsi con gli altri e potrà avere disturbi cognitivi, cioè sarà incapace di esprimere al meglio i suoi bisogni e i suoi stati emotivi. Questo porta a rabbia e frustrazione”.