Lo studio di Tito Faraci è dirimpetto al deposito dei tram di Porta Ticinese a Milano. Lo stridere dei mezzi sulle rotaie è attutito dagli scaffali con migliaia di fumetti che oltre a testimoniare la carriera di Tito servono da inconsueti pannelli fonoassorbenti. A quanti di quei fumetti ha dato voce, Faraci ha perso il conto. Topolino, Dylan Dog, Lupo Alberto, Diabolik, Magico Vento, Nick Raider, Tex, perfino una storia di Spider-Man e una di Capitan America e Devil sono i personaggi sceneggiati da questo quasi cinquantenne nato a Gallarate e che ha creduto in quest’arte anche se, come dichiara lui stesso, “non so disegnare nemmeno una patata”.
Novembre 2014 è un mese in cui sono condensati molti appuntamenti per Faraci, il 19 arriverà in libreria Nato sette volte (Indiana editore), la storia di un fumettista che vuole riunire il gruppo death metal dei tempi dell’Università: “Suonavo davvero nella band descritta nel romanzo, i Litania, come esisteva la fanzine Anestesia totale, curata da Matteo B. Bianchi, tuttora un mio caro amico. Il personaggio principale del libro si chiama Luca, che è il mio vero nome” racconta Tito che poi ironizza “ma non è un libro autobiografico, anzi, come ho specificato nel volume:”Tutti i fatti e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali”. Nato sette volte è un libro godibile in cui si riconosce la matrice dello scrittore di fumetti, 120 pagine di dialoghi agili e immagini nitide in cui si racconta la nostalgia di aver visto trascorrere trent’anni tra divorzi e traslochi e la rassicurazione che l’arte, in questo caso la musica, non risente dei bilanci esistenziali.
“Tutti i fatti e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali”
Oltre alla prosa, poche settimane fa è stato presentato a Lucca Comics Infierno II, realizzato con Silvia Ziche e uscito a quindici anni di distanza dalla prima avventura dei due diavoli sbirri alla Starsky e Hutch. Particolarità del fumetto? Non ci sono dialoghi, o onomatopee. Nemmeno una parola, solo disegni, Faraci mandava le sceneggiature che poi Ziche “traduceva” in immagini. Racconta Tito: “Quando è stata pubblicata la prima puntata del libro, nel ’99, mi è stato detto: «Se Ziche ha disegnato e non ci sono dialoghi tu cosa hai fatto?» La risposta era uno dei lavori più faticosi della mia carriera. Per fortuna per questa seconda parte nessuno mi ha fatto la stessa domanda. In questo Infierno II abbiamo in qualche modo “premiato” il lettore accompagnandolo molto meno nell’interpretazione: sta a chi legge riempire gli spazi vuoti”.
Dal romanzo al fumetto “muto”, due mondi, quello della letteratura e dei comics che Faraci vuole tenere separati: “Ogni mondo ha il suo codice, fumetto e letteratura devono mantenere separate le due identità. A livello macro-narrativo gli sceneggiatori di cinema, tv e video giochi si esprimono attraverso vasi comunicanti, ma il linguaggio specifico è proprio di ogni arte. Le contaminazioni sono proficue, ma il mondo dei fumetti è maturato in una dimensione a sé fino a raggiungere una caratura che gli è stata legittimata da poco. È una novità degli ultimi anni, per esempio, che l’autore compaia in copertina. Da un lato è un riconoscimento per chi scrive ma allo stesso tempo è il lettore a chiederlo, che non vuole comprare un fumetto anonimo. Quando hanno candidato al premio Strega Una storia, la graphicnovel di Gipi, mi sono indispettito perché nessuno si sognerebbe di proporre un romanzo al Gran Guinigi, il più importante riconoscimento per i fumetti. Se quest’arte è cresciuta fino ad oggi per conto suo non ha di certo bisogno della promozione da parte del mondo