Il pg Iacoviello chiede e ottiene il colpo di spugna a un passo dalla sentenza definitiva in Cassazione sulle vittime dell'amianto, "anche se l'imputato è colpevole". In altri Paesi di diritto non potrebbe succedere. Mentre la riforma di Renzi langue in Parlamento
La responsabilità per gli oltre duemila morti di uno di peggiori disastri ambientali della nostra storia è stata cancellata dal colpo di spugna della prescrizione. O meglio, dalla prescrizione all’italiana, perché in altri paesi di impeccabile diritto una cosa del genere non potrebbe succedere. E intanto la riforma – molto soft – della prescrizione annunciata dal governo Renzi langue in Parlamento, soffocata dai veti incrociati che bloccano la maggioranza su tutti i temi più delicati della giustizia penale. Il pg di cassazione Francesco Iacoviello ha chiesto la prescrizione per l’unico imputato del processo sulla strage dell’amianto a Casale Monferrato e in altri insediamenti della Eternit in Italia. Il magnate svizzero Stephan Schmidheiny era stato condannato in appello a 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso. Una pena pesante e storica nel suo genere, di fronte agli oltre 2000 morti computati dall’accusa, falciati in questi anni soprattutto dal mesotelioma pleurico, il tumore provocato dalle fibre di amianto finite nei polmoni non solo dei lavoratori, ma anche degli abitanti di Casale e delle altre città dove Eternit operava: Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli. “Per me l’imputato è responsabile di tutte le condotte che gli sono state ascritte”, ha affermato significativamente il pg, ma il problema è “che il giudice tra diritto e giustizia deve sempre scegliere il diritto”. E i giudici alla fine hanno scelto il diritto.
Secondo il pg, il reato contestato a Schmidheiny è cessato quando la Eternit ha smesso di inquinare (lo stabilimento di Casale è stato chiuso nel 1986, più che altro perché diventato poco profittevole), mentre la tesi dei giudici di primo grado è che continui finché continuano i decessi. Dato che il mesotelioma pleurico ha un tempo di latenza di diversi decenni tra quando la fibra si deposita nel polmone e quando il tumore può svilupparsi, secondo questa tesi il disastro è ancora in corso. Anzi, il picco delle morti è previsto tra il 2020 e il 2030, quando sarà esposta al rischio di ammalarsi la generazione dei giovani e i ragazzi che respirarono le fibre negli anni Settanta-Ottanta. La distinzione, però, non avrebbe nessun rilievo per esempio nel Regno Unito, dove la prescrizione non esiste e i reati più gravi sono sempre perseguibili, a discrezione del giudice in base dell’interesse pubblico. In Francia la prescrizione si interrompe quando ha inizio il procedimento penale, e per i reati più gravi la giustizia dispone di dieci anni anni dall’ultimo atto compiuto per portare a termine il processo. In Germania il limite massimo comprese le interruzioni arriva al doppio dei termini originari: se un reato si cancella in dieci anni, una volta avviato il procedimento la giustizia ne ha a disposizione ben venti. In sintesi: se un processo inizia, arriva fino in fondo, a differenza di quanto accade da noi, dove finiscono al macero ogni anno circa 40mila processi già iniziati. La legge “ex Cirielli” del 2005 (con Silvio Berlusconi premier) stabilisce che per i non recidivi la prescrizione non possa essere comunque superiore al tempo fissato dalla legge (legato alla pena massima prevista per il reato) aumentato di un quarto. Scoccata l’ora fatale, il processo muore anche se manca una sola udienza alla sentenza definitiva.
Nel maggio 2014 l’Ufficio studi della Camera dei deputati ha raccolto in un dossier gli esempi dei Paesi citati, ma la maggioranza a guida Renzi non ne ha tenuto particolare conto. La Camera aveva iniziato a lavorare sulla prescrizione già prima dell’estate, fino allo stop del governo che chiedeva di attendere i testi della riforma. Le bozze presentate il 29 agosto dall’esecutivo prevedevano due anni di sospensione della “clessidra” dopo la condanna di primo grado e un anno di tempo alla Cassazione per chiudere il procedimento. Intanto in Senato restano congelati gli emendamenti Pd che prevedono lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado o dopo il rinvio a giudizio. Il processo Eternit è iniziato nel 2009. Il reato di disastro ambientale doloso si prescrive in 12 anni e mezzo: tempo già abbondantemente scaduto secondo il pg Iacoviello (reato commesso fino a quando c’è stato l’inquinamento), tempo che che ricomincia a scorrere ogni volta che il mesotelioma miete una nuova vittima (reato commesso fino a quando ci saranno i morti). Ma una cosa è certa: in altri paesi i familiari di oltre 2000 vittime, e i tanti che già sanno di portare in corpo la loro condanna a morte, non vengono illusi per cinque anni da un processo che poi finisce in nulla nelle ultime 24 ore.