Secondo la banca dati di OpenCivitas messa a disposizione dal ministero dell'Economia Firenze ha speso 40 milioni di troppo tra vigili urbani, rifiuti, viabilità e trasporti. Una performance che fa quasi rivalutare l'amministrazione Alemanno dopo la quale è servito il "Salva Roma"
Renzi da sindaco spendeva troppi soldi. Lo dice la banca dati di Renzi premier. Della “sua” Firenze ha sempre fatto vanto, ma i numeri ora gli danno torto. Ventisei milioni più del dovuto per vigili e rifiuti, 6 per la viabilità, 2 per i trasporti. E alla fine dei conti, con 40 milioni di euro, la Firenze di Renzi batte Milano e Roma nella classifica nazionale dei Comuni spendaccioni. Tra i capoluoghi, soltanto Potenza riesce a far peggio. E’ quanto emerge dalla banca dati OpenCivitas messa a disposizione dal ministero dell’Economia a tutti i cittadini e a tutti gli amministratori locali sui costi di gestione dei servizi pubblici essenziali degli enti locali. Nero su bianco, il sistema di calcolo certifica il rapporto tra le spese effettivamente sostenute e il fabbisogno standard, cioè la spesa considerata necessaria sulla base di indicatori che tengono conto non solo della popolazione ma anche dei servizi offerti, delle caratteristiche territoriali e degli aspetti sociali, economici e demografici. Ebbene i dati hanno subito fatto emergere scarti importanti tra regioni del Sud, poco attente al sociale, ma anche una sorta di classifica delle città più e meno virtuose nel gestire servizi pubblici essenziali come l’anagrafe, gli asili nido, l’istruzione, la polizia locale, i rifiuti, trasporti e così via. Perugia è al fondo e Lamezia e Campobasso – a sorpresa – risultano tra le meglio gestite. Ma la vera sorpresa è un’altra: interrogando la banca dati emerge che Firenze, la città amministrata da Renzi tra il 2009 e il 2014, è tra le peggio messe. Peggio di Milano, Torino e Roma appunto.
Un principio che il governo vuole inserire anche nella legge di Stabilità, come ha detto al FattoTv il consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld: “Stiamo partendo da un livello di efficienza e di qualità dei servizi – aveva detto – Poi lasciamo a loro che sono eletti dai loro cittadini rispettare questi obiettivi. I cittadini potranno poi valutare se i sindaci fanno bene il loro mestiere”
Alla base di tutto c’è un indice numerico calcolato dal confrontando tra spesa storica e fabbisogno “corretto”. Senza entrare nei tecnicismi, si può dire che se il valore è positivo (verde) se la spesa storica è inferiore al fabbisogno standard, è negativo (rosso) se è superiore e significa che l’ente spende più del necessario. Il bello è che tutti i cittadini possono tuffarsi nel sistema, trovare il proprio Comune e fargli la radiografia, confrontando i risultati con quello a fianco o dall’altra parte dello Stivale. Le note metodologiche avvertono che i risultati in devono essere utilizzati come parametro di giudizio sull’operato di un’amministrazione, ma quando quasi tutti gli indicatori virano al rosso qualche dolore in casa propria è giustificato. La curiosità spinge allora ad andare a farsi gli affari in casa di Renzi che, da premier, ha dato l’impulso finale a questa politica di revisione dei fabbisogni standard che servirà poi per ripartire i trasferimenti statali non più secondo spesa storica ma attraverso indici calcolati di merito. Ebbene, com’è messa la Firenze amministrata da Renzi?
Va bene, ma così fan tutti? E sono tanti o pochi quei 40 milioni in eccesso rispetto alla spesa corretta? Per capirlo si può fare un confronto con l’andamento della spesa di altre amministrazioni che diventa equiparabile proprio perché i parametri sono riportati a indici numerici assoluti, corretti rispetto alle differenze che possono derivare dal numero di residenti e dal contesto socio-economico. Si scoprirà allora che la Milano di Letizia Moratti era amministrata con più oculatezza della Firenze renziana. Il sindaco manager nel 2010 aveva speso 1,5 miliardi per gestire i servizi essenziali della metropoli, non solo meno dell’indice standardizzato di “buon governo” ma addirittura a credito: la differenza tra spesa storica e fabbisogno calcolato è positiva per lo 0,07%. Che in soldoni vuol dire 1.125 milioni di euro.
E Roma? Quasi tocca rivalutare l’amministrazione Alemanno e la “Roma Capitale” che lo Stato ha dovuto soccorrere con finanziamenti straordinari (il “salva Roma”). Il Campidoglio risulta in negativo per 252 milioni di euro, ma è meno lontano di Firenze dallo standard corretto: il suo differenziale tra spesa sostenuta e corretta è in rosso del 7,68%, 3 punti sotto Firenze.