Le donne mancano di “istinto omicida” e non hanno “testosterone”. E per questo non sono “buone alla guerra“, così dovrebbe essere loro impedito di combattere. Ha scatenato una polemica quanto scritto in un intervento pubblicato dal Times, quotidiano britannico, l’ex colonnello in pensione Richard Kemp, che per anni ha guidato le truppe di sua maestà in Afghanistan. Il momento per intervenire, ha precisato il militare, è “quello giusto”. Infatti proprio in queste settimane in parlamento, a Westminster, si sta discutendo se consentire oppure no alle donne nell’esercito (il 9% del totale) di combattere in prima linea contro il nemico, un qualcosa finora vietato, se non in casi estremi, dalle leggi britanniche. Anche il ministero della Difesa ha avviato le sue discussioni in materia e ora, appunto, iniziano a fioccare commenti e interventi sulla stampa del Regno Unito.
Secondo l’ex colonnello, consentire alle donne di combattere “danneggerebbe le capacità belliche e comprometterebbe la coesione fra le truppe”. Un intervento che ora viene bollato come “sessista” dalle associazioni femministe della Gran Bretagna, anche se Kemp ha riconosciuto “l’importanza di questo dibattito per questioni di trasparenza”. Poco importa che, negli ultimi anni, ben otto donne abbiano perso la vita sul fronte, spesso in attacchi ai campi dell’esercito o in aree minate non segnalate. Per il militare, uno dei più ascoltati quando si parla di questioni legate alla difesa britannica, le donne dovrebbero stare in disparte. Utili sì, ma non di certo quando si ha a che fare direttamente, faccia a faccia, con il nemico, ha scritto sul più importante – e conservatore – quotidiano del Paese.
“Dare una priorità alla political correctness – ha aggiunto – minerebbe l’efficacia nei combattimenti e metterebbe tante vite a rischio“. E poco importa anche che lo scorso maggio l’allora ministro della Difesa, Philip Hammond, ora ministro degli Esteri e sostituito a luglio da Michael Fallon, abbia detto che “è giunto il tempo di mettere da parte questa immagine da macho dell’apparato militare”. Le parole di Hammond suscitarono grandi polemiche anche cinque mesi fa, critiche perlopiù basate sulla presunta incapacità delle donne di sopportare, fisicamente e psicologicamente, il combattimento. Ora, appunto, Kemp si è aggiunto in quella bufera di commenti: “Servire al fronte richiede un’etica da guerrieri e un legame cameratesco”. Tutte cose eventualmente precluse alle donne, ha scritto apertamente il militare, a guida di una campagna a Kabul che si è chiusa ufficialmente solo poche settimane fa.
“Le donne non sono adatte a una banda di fratelli pieni di testosterone e potrebbero ridurre la coesione e la capacità guerriera di una piccola unità di combattimento”, ha inoltre aggiunto sul Times. Il ministero ha comunque negato che le discussioni sul ruolo delle donne nell’esercito siano state bloccate. Così non sono arrivati commenti ufficiali, tranne uno: “Non abbiamo ancora preso una decisione e ogni ipotesi di queste ultime ore è inaccurata”. Il parlamento sarà chiamato ufficialmente a votare, molto probabilmente prima di Natale, una volta che il ministero della Difesa abbia varato una direttiva ufficiale.
Donne di Fatto
Londra, colonnello: “Le donne? In guerra sono inutili, non hanno istinto omicida”
Mentre il parlamento è chiamato a decidere se consentire o no alle soldatesse di combattere in prima linea, le dichiarazioni rilasciate al "Times" da Richard Kemp scatenano forti polemiche. Le militari non sarebbero "adatte a una banda di fratelli pieni di testosterone e potrebbero ridurre la capacità guerriera" dei soldati
Le donne mancano di “istinto omicida” e non hanno “testosterone”. E per questo non sono “buone alla guerra“, così dovrebbe essere loro impedito di combattere. Ha scatenato una polemica quanto scritto in un intervento pubblicato dal Times, quotidiano britannico, l’ex colonnello in pensione Richard Kemp, che per anni ha guidato le truppe di sua maestà in Afghanistan. Il momento per intervenire, ha precisato il militare, è “quello giusto”. Infatti proprio in queste settimane in parlamento, a Westminster, si sta discutendo se consentire oppure no alle donne nell’esercito (il 9% del totale) di combattere in prima linea contro il nemico, un qualcosa finora vietato, se non in casi estremi, dalle leggi britanniche. Anche il ministero della Difesa ha avviato le sue discussioni in materia e ora, appunto, iniziano a fioccare commenti e interventi sulla stampa del Regno Unito.
Secondo l’ex colonnello, consentire alle donne di combattere “danneggerebbe le capacità belliche e comprometterebbe la coesione fra le truppe”. Un intervento che ora viene bollato come “sessista” dalle associazioni femministe della Gran Bretagna, anche se Kemp ha riconosciuto “l’importanza di questo dibattito per questioni di trasparenza”. Poco importa che, negli ultimi anni, ben otto donne abbiano perso la vita sul fronte, spesso in attacchi ai campi dell’esercito o in aree minate non segnalate. Per il militare, uno dei più ascoltati quando si parla di questioni legate alla difesa britannica, le donne dovrebbero stare in disparte. Utili sì, ma non di certo quando si ha a che fare direttamente, faccia a faccia, con il nemico, ha scritto sul più importante – e conservatore – quotidiano del Paese.
“Dare una priorità alla political correctness – ha aggiunto – minerebbe l’efficacia nei combattimenti e metterebbe tante vite a rischio“. E poco importa anche che lo scorso maggio l’allora ministro della Difesa, Philip Hammond, ora ministro degli Esteri e sostituito a luglio da Michael Fallon, abbia detto che “è giunto il tempo di mettere da parte questa immagine da macho dell’apparato militare”. Le parole di Hammond suscitarono grandi polemiche anche cinque mesi fa, critiche perlopiù basate sulla presunta incapacità delle donne di sopportare, fisicamente e psicologicamente, il combattimento. Ora, appunto, Kemp si è aggiunto in quella bufera di commenti: “Servire al fronte richiede un’etica da guerrieri e un legame cameratesco”. Tutte cose eventualmente precluse alle donne, ha scritto apertamente il militare, a guida di una campagna a Kabul che si è chiusa ufficialmente solo poche settimane fa.
“Le donne non sono adatte a una banda di fratelli pieni di testosterone e potrebbero ridurre la coesione e la capacità guerriera di una piccola unità di combattimento”, ha inoltre aggiunto sul Times. Il ministero ha comunque negato che le discussioni sul ruolo delle donne nell’esercito siano state bloccate. Così non sono arrivati commenti ufficiali, tranne uno: “Non abbiamo ancora preso una decisione e ogni ipotesi di queste ultime ore è inaccurata”. Il parlamento sarà chiamato ufficialmente a votare, molto probabilmente prima di Natale, una volta che il ministero della Difesa abbia varato una direttiva ufficiale.
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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.