Matteo Renzi e Angelino Alfano sposi per rivendicare il diritto, per le coppie omosessuali, di unirsi in matrimonio. Il presidente del Consiglio arriva in città per chiudere la campagna elettorale del Partito democratico in vista delle regionali di domenica 23 novembre e la comunità Lgbt del Cassero di Bologna mette in scena un finto matrimonio tra Renzi e il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Responsabili, secondo Arcigay, “di un sodalizio che è costato tutti e tutte un sacrificio di diritti, laicità e democrazia, immergendoci in una luna di miele fatta di ipocrisia, doppia morale, compromessi torbidi e promesse vane”. Il riferimento è all’annullamento, imposto da Alfano, dei matrimoni tra coppie dello stesso sesso contratti all’estero e trascritti in Italia dai Comuni, Bologna capofila, e poi cancellati in seguito al veto arrivato da Roma. Ma anche alla mancanza di una normativa nazionale che consenta alle coppie omosessuali di unirsi in matrimonio, complice “la zavorra clericale che limita il diritto ad amare”.
Da qui la contestazione: “Abbiamo voluto accogliere Matteo Renzi a Bologna rappresentando l’unico matrimonio tra persone dello stesso sesso che questo governo ha legittimato: quello tra il presidente del consiglio, e il ‘democratico’ Renzi e il suo vice clericale Alfano”. Nel giorno in cui la comunità Lgbt ricorda le vittime della transfobia, quindi, il Cassero accende i riflettori “sulla compagine di governo che alla transfobia, così come all’omofobia e a tutti i diritti violati, continua a voltare le spalle” sottolinea il presidente Vincenzo Branà, presidente dell’Arcigay di Bologna.
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Celebrato da un sindaco d’eccezione, con una vistosa parrucca fuxia ma la fascia tricolore regolamentare, la formula del matrimonio tra il premier e il ministro dell’Interno ovviamente è anticonvenzionale, ma il riferimento all’alleanza Pd-Ncd è chiaro: “Noi dell’Arcigay vogliamo dare sigillo e consacrazione a questa coppia di fatto, perché si assumano responsabilmente, davanti a noi tutti, i loro doveri di coniugi”. Cioè “reciproco sostegno nelle fiducia, nelle crisi, nei comunicati stampa e nelle nomine”. Così, se Renzi promette ad Alfano appoggio “nei ministeri e negli appalti”, il ministro dell’interno si impegna a “di dargli la fiducia sempre, nelle Regionali e nelle Europee, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo sempre per tutti i governi della sua vita”. “E che Massimo D’Alema non separi ciò che il Cassero ha unito”.
“A Roma da troppo tempo va avanti un matrimonio tra il Pd e Ncd – spiega Flavio Romani, presidente nazionale Arcigay – quando invece per un’Italia davvero democratica servirebbe un divorzio, urgente e definitivo. Oggi a Bologna abbiamo messo in scena, per protesta, l’unico sposalizio che non s’ha da fare: quello tra un partito che dovrebbe avere una visione lucida e convinta dei diritti civili, il Pd, e la forza politica più omofoba del paese. Ogni volta che si tenta di fare un passo avanti sui diritti, Ncd prova ad annacquare e blocca qualsiasi tipo di percorso, e questo fa male all’Italia. Siamo stanchi di questo partito minuscolo e dello sposo Alfano, che da ultimo ha forzato la mano dei prefetti affinché annullassero le trascrizioni dei matrimoni gay contratti all’estero, un atto politico non da ministro, ma da segretario di partito”.
L’appello di Arcigay è per una svolta di civiltà: “a Renzi che arriverà oggi a Bologna diciamo di divorziare da Ncd, perché siamo nel 2014 ed è tempo che l’Italia si allinei ai Paesi civili. Le leggi sui diritti vanno cercate in Parlamento, ma il premier deve guardare ad altre alleanze per trovare i numeri necessari a vararle, a Sel, al Movimento 5 Stelle. Certo non ad Alfano, simbolo di un’Italia retrograda e poco salutare”.