Il presidente del Consiglio ha chiuso la campagna elettorale Pd per le Regionali dell'Emilia Romagna. Fuori dal paladozza circa un centinaio di manifestanti
Contestazioni e manganelli a Parma, una sede del Pd danneggiata a Bologna. Nemmeno lungo la via Emilia, nella terra rossa dell’ex governatore Vasco Errani, Matteo Renzi può prendere fiato. E anche il comizio finale per sostenere il candidato Stefano Bonaccini è aperto dalle contestazioni di collettivi e centri sociali. “Non ci fate paura“, dice dal palco il presidente del Consiglio. “Fuori da qui possono dire quello che vogliono. Possono tirare le uova, ma con quelle ci faremo le crepes. Possono tirarci i lacrimogeni ma noi non ci fermiamo”. Fuori un gruppo di un centinaio di manifestanti, dentro i democratici preparati a festa per il comizio finale di una lunga campagna elettorale. Il presidente del Consiglio è entrato nel palazzetto dello sport di Bologna tra gli applausi e come primo gesto ha abbracciato proprio Errani,: “Vasco non pensi di essere in pensione. Abbiamo bisogno di lui e lo andremo a prendere e lo porteremo a Roma”. L’Emilia Romagna va al voto anticipato proprio perché l’ex presidente si è dimesso dopo la condanna in appello per falso ideologico. Solo il primo di tanti terremoti che hanno colpito la giunta democratica negli ultimi mesi.
Renzi dal palco cerca di scacciare i fantasmi. La scenografia ricorda la sua Leopolda, il raduno ormai annuale dei renziani a Firenze. In prima fila lo ascoltano i dirigenti del Partito emiliano romagnoli, dai parlamentari ai consiglieri comunali. Si nota tra gli altri Benedetta Renzi, sorella del leader e assessore nella vicina Castenaso. Nell’aria del Paladozza, il palazzetto dello sport in pieno centro, si respira però anche la fatica di tanti militanti ed eletti che a fatica hanno ingoiato polemiche su spese pazze e rimborsi difficili da giustificare. Quarantuno gli avvisi di fine indagine per i consiglieri uscenti arrivati solo qualche giorno fa a turbare la campagna per il voto. Quattro di questi si ricandidano con la lista che sostiene lo stesso Bonaccini. Così si cerca di fare un passo avanti e voltare pagina, ma per l’Emilia Romagna del Pd forse non è mai stato così difficile.
Il vero nemico della campagna elettorale di Bonaccini, è l’astensionismo di un popolo di volontari della festa dell’Unità che non ha voglia di andare alle urne. “Anche per le Europee”, dice Renzi dal palco, “la settimana precedente era il festival dei gufi, Grillo davanti, siete secondi, forse terzi…Poi sono arrivati i risultati e i gufi sono andati in letargo per qualche settimana”.
A rendere tutto più complicato, ci sono il presidente del Consiglio e le sue decisioni prese a Roma. Leader del Partito, ma anche guida di un governo che sta per approvare la contestata riforma del Lavoro. E lo attendono, così come a Parma, le contestazioni di centri sociali e collettivi. Davanti al Pala Dozza circa 100 persone appartenenti alla Unione precari giustizia centro nord della Fp-Cgil che sono state poi raggiunte da una trentina di appartenenti al movimento Ross@. Ad un certo punto parte dei manifestanti si è staccata e ha improvvisato un corteo fino alla piazzetta della Pioggia, in pieno centro storico. Qui ha la sede lo storico circolo Pd di via Galliera: i collettivi hanno tirato le uova contro la saracinesca e distrutto il vetro della bacheca dove vengono affissi gli avvisi. “Renzi, Pd, UE fuori dal nostro futuro”, uno degli striscioni. Un altro gruppo di manifestanti ha gettato fango davanti alla polizia e srotolato lo striscione “I vostri argini si sono rotti, il nostro fango vi sommergerà”.
Il presidente del Consiglio però, dal palco del comizio difende il Jobs act e attaccato nuovamente i rappresentati dei lavoratori: “Non hanno scioperato contro la Fornero ma contro noi e lo fanno per un motivo politico. Noi vogliamo bene ai sindacati che difendono i lavoratori e non i sindacati che difendono la miriade di sigle. Difendiamo il lavoro e non i professionisti della burocrazia. Se diciamo che le tutele dell’art.18 sono poco più che un totem ideologico non lo diciamo per abbandonare al loro destino i lavoratori licenziati, ma perché quella tutela non garantisce chi perde il lavoro ma il sistema di welfare”.
“Quando dicono che la nostra riforma è quella di Margaret Tatcher ricordo che lei diceva che la società non esiste. Io se c’è una cosa in cui credo è il valore della società. Se crediamo nella società dobbiamo dire tutti insieme che è arrivato il momento di unire” aggiunge e ammette “che questo non ha impedito all’Italia di arrivare al 41% di disoccupazione giovanile. “Abbiamo la possibilità di scrivere una pagina nuova, tutto il mondo sta chiedendo di tornare alla crescita e nell’Ue il Pd è il primo a dirlo. Tocca a noi rimettere in moto la speranza, se ce la mettiamo tutta senza piagnistei questo paese lo salviamo”.