Gli ordini professionali non ci stanno. O, meglio, non ci stanno i presidenti dei più importanti ordini sanitari. Giusto un mese fa il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone li ha obbligati ad adeguarsi alle norme anticorruzione e loro adesso chiedono più tempo. È in corso una “resistenza” che riguarda soprattutto il tema delle doppie poltrone, ovvero il divieto per i vertici degli ordini di sedere anche in parlamento. E non a caso a guidarla sono il presidente della Federazione nazionale dei farmacisti, il senatore Andrea Mandelli (Fi) e il suo vicepresidente Luigi d’Ambrosio Lettieri (Fi), la senatrice Pd Annalisa Silvestro, presidente della Federazione degli infermieri e il presidente della Federazione dei Medici, Amedeo Bianco (Pd). “Approfondiremo”, “studieremo” è stata la loro reazione alla delibera di Cantone. Adesso la battaglia si sposta in Senato, dove gli emendamenti al Ddl Madia potrebbero diventare la loro ancora di salvezza.

La delibera di Cantone, del 25 ottobre scorso, stabilisce che ordini e collegi professionali devono adeguarsi alla legge Severino e ai successivi decreti in quanto “enti pubblici non economici”. Devono rispettare tutti gli obblighi in tema di anticorruzione e trasparenza e, di conseguenza, anche “attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi”. In una parola, devono rispettare la norma che vieta a politici ed ex politici di riciclarsi in incarichi dirigenziali di enti pubblici, per evitare interferenze e conflitti di interesse. Eppure, il caso vuole che siano proprio i senatori che ricoprono tale doppio incarico a condurre in Senato la battaglia che tenta di sottrarre gli ordini a questi obblighi di legge.

“Approfondiremo e valuteremo quanto deliberato da Cantone” ha dichiarato il senatore Bianco (Pd) a Quotidiano Sanità, facendo eco al senatore Mandelli (Fi) che, all’indomani della delibera Anac, ha inviato una nota agli ordini dei Farmacisti specificando che sul tema dei doppi incarichi “le questioni interpretative sono allo studio della Federazione”. Passi la trasparenza, ma l’incompatibilità tra poltrone resta il boccone più amaro. “Dobbiamo capire se il nostro incarico, che è elettivo, rientra nella fattispecie contemplata. Se così fosse ‘nulla quaestio’, ne prenderemo atto” dice ancora il presidente dei Medici, Bianco. Ma intanto in Senato i lavori per evitare il peggio fervono da mesi.

Si è iniziato in Commissione Sanità, chiamata a dare un parere sul Ddl Madia sulla riforma della Pubblica amministrazione. Il 10 ottobre scorso la senatrice Silvestro (Pd) ha chiesto l’inserimento di una norma “ad hoc” per sottolineare “la specificità di Ordini e Collegi” e il senatore D’Ambrosio Lettieri (Fi) ha rincarato la dose, precisando che senza quel passaggio la sua parte politica non avrebbe votato l’intero parere. Detto fatto, la richiesta è diventata la prima osservazione della Commissione Sanità al Ddl.

Poi la battaglia è continuata in Commissione Affari costituzionali, dove Bianco, Mandelli e D’Ambrosio Lettieri, in compagnia anche di Sacconi (Ncd) e della senatrice De Biasi (Pd) hanno presentato alcuni emendamenti perché gli ordini professionali siano riconosciuti nel loro carattere “associativo”, e quindi  sottoposti solo ai propri regolamenti e “soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro competente”.

A questo punto è solo questione di tempo. L’Anac ha spostato il termine al primo gennaio 2015, ma se entro quel termine il Ddl Madia verrà votato con gli emendamenti proposti gli ordini ce l’avranno fatta. Potranno adeguarsi alle norme anticorruzione solo in maniera generica, secondo loro regolamenti interni. E non dovranno più sottostare al limite degli incarichi. Con buona pace dell’Anticorruzione e del suo presidente Cantone.

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