Il bonus bebè sarà limitato ai redditi più bassi, ma raddoppierà per chi ha un Indicatore di situazione economica equivalente (Isee), il parametro su cui già è basato l’accesso alla maggior parte delle prestazioni sociali, inferiore ai 7mila euro. Così un emendamento del relatore Mauro Guerra (Pd) depositato in commissione Bilancio alla Camera modifica il contributo annunciato a ottobre da Matteo Renzi nel salotto di Barbara D’Urso. Il premier, in quell’occasione, non ha specificato quali sarebbero stati i paletti, promettendo in modo generico 80 euro al mese “per i primi tre anni di vita del figlio”. Il testo del ddl di Stabilità ha poi chiarito che ne avrebbero avuto diritto (dietro richiesta all’Inps) solo i nuclei con figli che nascano tra l’1 gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 e entrate complessive inferiori a 90mila euro l’anno, pari a un Isee di circa 36mila euro che però non era citato come criterio da prendere in considerazione.
La proposta di modifica presentata venerdì cambia tutto: la nuova soglia fa riferimento appunto al solo Isee, che non potrà essere superiore ai 25mila euro. In compenso l’assegno raddoppia a 160 euro per chi ha un Isee che non supera i 7mila euro annui. Viene inoltre eliminata la precedente previsione secondo cui il limite di reddito non valeva per i figli dal quinto in poi. Oltre i 25mila euro di Isee, dunque, i 960 euro all’anno non si prenderanno, anche se la famiglia è molto numerosa. Il governo, dunque, ha alla fine deciso di aprire alle richieste della minoranza Pd, che nei giorni scorsi aveva presentato alcuni emendamenti “anti povertà” tra cui, appunto, una “ristrutturazione” del bonus bebè, da lasciare solo per le famiglie più povere. La proposta di Stefano Fassina, Pippo Civati e altri deputati di minoranza prevedeva la limitazione ai nuclei con reddito Isee inferiore ai 15mila euro.