Capita spesso che il concetto di sicurezza e la questione immigrazione vengano trattate come problematiche comuni, nell’ottica che lo straniero non sia altro che un elemento esterno da sorvegliare e tenere sotto controllo. Succede invece più raramente che questi due termini vengano accostati con un punto di vista più analitico e lungimirante, come è accaduto durante l’XI incontro su Crime prevention in a mobile world (Prevenzione del crimine in un mondo in mobilità) , organizzato dall’Icpc (Centro internazionale per la prevenzione del crimine) in collaborazione col Consorzio Nova Onlus e la città di Palermo.

Una tre giorni che dal 17 al 19 novembre ha ospitato importanti esperti internazionali di sicurezza, politiche sociali e mediazione dei conflitti presso il Castello Utveggio del capoluogo siculo, per un confronto sulle varie sfide legate alla sicurezza in un mondo sempre più mobile e interconnesso, sia per la maggiore facilità di spostamento, sia per il sempre più diffuso utilizzo di nuove tecnologie.

Il sindaco Leoluca Orlando ha proposto il “modello Palermo” come caso studio di una città che “da capitale della mafia e della criminalità vuole trasformarsi in capitale dei diritti umani”. Con questo obiettivo l’amministrazione comunale “intende conferire la cittadinanza onoraria di Palermo a tutti i condannati alla pena di morte, a prescindere dal reato commesso” – ha spiegato il sindaco, dichiarando anche l’impegno di abolire il permesso di soggiorno – “che diversamente dal passaporto, è oggetto di manipolazione per criminali e mercanti di esseri umani. Perché la mobilità non ha nulla a che fare con i diritti dell’uomo.”

Il presidente del Consorzio Nova Onlus, Vincenzo Castelli, ha invece scelto la Sicilia come regione simbolo, considerando “le circa 175.000 persone arrivate in Italia negli ultimi dieci mesi, passando dall’isola. Al momento abbiamo oltre 30.000 richieste di asilo e assistiamo a migliaia di situazioni di vagabondaggio, al limite della soglia di sussistenza, senza opportunità di lavoro. Questa gente, inoltre, è ricattabile dalla criminalità organizzata e spesso è vittima delle tratte di persone, specie a sfondo sessuale. Solo in Italia si tratta di circa 70.000 persone vittime di tratte, sfruttate dal lavoro nero, nell’agricoltura ma anche nel badantato.”

“La sicurezza urbana rappresenta oggi un grande banco di prova per chi voglia contribuire a costruire spazi comunitari vivibili e conviviali – ha ancora affermato Castelli – ma per fare ciò occorre adoperarsi a 360 gradi in tutti i segmenti della vita quotidiana e nei grandi cambiamenti degli scenari del nostro tempo. Per aggredire queste tematiche occorre conoscere sempre più i fenomeni che creano insicurezza, strutturare pratiche performanti e mettere in atto un modello di prevenzione della criminalità in un mondo che cambia.”

Per questo l’organizzazione di un efficace sistema di accoglienza dei migranti, di politiche e di servizi sociali è stato messo al centro del dibattito, considerando la sicurezza come un concetto positivo, legato a una società che mira alla tutela del benessere e della dignità dei cittadini che la abitano, a prescindere dalla loro nazionalità o condizione economica.

A tal proposito, molto interessante è l’intervento di Roberto Merlo, psicoterapeuta, formatore ed esperto di progetti di prevenzione, che ha messo in evidenza la questione delle seconde e terze generazioni, e cioè dei figli e dei nipoti di vecchi immigrati, nati in Italia ma comunque con origini culturali differenti da quelle in cui sono cresciuti. “Una questione che va affrontata con una politica seria e stanziamenti adeguati – ha spiegato – per evitare episodi di emarginazione, sofferenza e violenza, puntando sulla prevenzione piuttosto che intervenire quando è troppo tardi. Un’idea che, a parole, la politica sembra privilegiare sempre, ma se si analizzano le voci di spesa di un’amministrazione locale in termini di sicurezza o di inclusione sociale, vedrete che su 100 euro che prenderemo a esempio, 60 euro vengono utilizzate per punire e reprimere crimini e devianze, circa 35 vengono spesi per riabilitare, reinserire e curare coloro che vivono condizioni di disagio e solo 5 vanno vengono spesi per operazioni di prevenzione primaria, secondaria e riduzione del rischio.”

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