E, finalmente, dopo che mi è stato dato del sovversivo, che mi sono state minacciate azioni legali, che si è arrivati a dire che il documento riservato del governo italiano non esisteva o peggio, che non conteneva le frasi che avevo riportato, anzi che non avevo tradotto bene dall’inglese, sta uscendo la verità sulla net neutrality ‘alla fiorentina’, ovvero quello strano concetto di net neutrality che ha spinto il nostro governo a richiedere l’eliminazione della parola stessa dal nuovo complesso normativo del cosiddetto ‘telecom package‘.
Va ricordato innanzitutto cosa è la net neutrality.
Francesco Vatalaro, su queste colonne ricorda la definizione di Net Neutrality di Lawrence Lessig e Robert W. McChesney, in un famoso articolo del 2006 sulWashington Post, intitolato No Tolls on The Internet: “Neutralità della rete significa semplicemente che tutti i tipi di contenuti Internet devono essere trattati allo stesso modo e viaggiano alla stessa velocità sulla rete. I proprietari delle connessioni di Internet non possono operare discriminazioni. Questo è il semplice ma geniale disegno ‘end-to-end’ che ha reso Internet una forza potente per il bene economico e sociale.”
Il governo italiano ha tenuto conto di queste premesse?
Pare proprio di no.
E’ possibile ora mostrare i due documenti spediti dal governo italiano ai delegati europei il 14 novembre scorso, e rendersi conto in maniera solare che il testo che il Consiglio europeo sta valutando in queste ore, su proposta della dalla Presidenza italiana, fa marcia indietro sulla neutralità di rete, chiedendo la cancellazione della definizione di neutrality uscita dal voto del Parlamento europeo lo scorso aprile.
Una definizione invece, fortemente voluta dal Parlamento europeo, ed uscita da un lungo braccio di ferro tra le associazioni dei diritti civili ed i fautori di una politica di discriminazione del traffico per scopi commerciali.
Come fanno notare i commentatori più avveduti nella proposta italiana viene meno il divieto esplicito di discriminare in base al costo applicato agli utenti per l’accesso alla rete, il che significa che un operatore potrebbe decidere che ad esempio per accedere a Netflix, un utente debba pagare di più la connessione, pena una riduzione della banda dedicata allo streaming.
La “ricetta” italiana a quello che dovrebbe sostituire la neutralità della rete si conclude – come già ricordato – con la possibilità che a determinare il blocco del traffico internet sia in via amministrativa anche l’Autorità di garanzia (di garanzia?) delle Comunicazioni.
Un bel pasticcio di cui nessuno, as usual, sembra attribuirsi la paternità, al punto che la proposta normativa sembra quasi quella che nel gergo del diritto d’autore viene definita opera orfana.
Parafrasando il compianto Primo Levi possiamo a questo punto domandarci “se questa è una neutralità della rete”.