Ricevo e pubblico volentieri  una lettera aperta di Antonella Veltri, presidente del Centro antiviolenza Roberta Lanzino.

Il cambiamento passa attraverso una visione del mondo diversa, uno sguardo non indifferente e neutralmente maschile. Spesso quando gli uomini parlano di politica pensano di interpretare la realtà attraverso analisi e sintesi neutre, ovvero secondo paradigmi e chiavi di lettura universali. Evidentemente non è così.

La storia si è talmente sedimentata e radicata che ha, trasversalmente, attraversato il genere maschile e il genere femminile e a molte donne risulta difficile avere un punto di vista libero e sessuato, consapevolmente di parte. Di quella parte, una parte che manca totalmente in una visione duale e solo presuntivamente complessiva della realtà, tenendo bene a mente che ogni visione rimane sempre parziale. Le esperienze di rappresentanza e le deleghe date, concesse, conquistate anche dalle donne e felicemente riuscite sono state poche, perché sono maschili i modelli utilizzati e perché le donne fanno rete con le donne a partire da sé. Le donne consegnano fiducia più facilmente agli uomini che ad altre donne? Forse è vero. Perché la delega e la rappresentanza non facilmente si affida; e la perdita o la sconfitta la si accetta più facilmente  dagli uomini; da una donna la fiducia mancata subìta sarebbe doppia e il senso della sconfitta più cocente.

Alle donne è assegnata la virtù di creare associazioni (quante ne vuoi), dove coltivare la bellezza del libero (e non sempre tanto libero) pensiero, purché vestano – nei luoghi istituzionali, che siano partiti (partiti ?) ministeri o assessorati, consigli di amministrazione e quanto altro – abiti mentali e logiche fintamente neutri, dunque maschili. Di frequente la presenza nelle associazioni, meglio se di sole donne, è funzionale al perpetuarsi di poteri consolidati e forti, decisamente maschili, al di fuori dell’associazione, anche al di là del genere. Luoghi di amenità dove l’esercizio della retorica e dell’emancipazione femminile è sviscerato tra una recriminazione e l’altra.

Eppure la voglia di esserci e di contare c’è. Eppure il desiderio di rappresentanza femminile esiste e parte da lontano. Oggi si esprime con movimenti o semplicemente con gruppi di donne che si organizzano e discutono strategie per arrivare a contare nei luoghi importanti della politica istituzionale regionale, laddove uomini e donne nel passato non hanno voluto, non hanno potuto.

La legge sulla doppia preferenza di genere non avrebbe risolto la rappresentanza femminile nel consiglio regionale e di certo non avrebbe contribuito a cambiare la macchina infernale regionale, che è un sistema da buttare giù e ricostruire. E le scontate promesse di modificarla, da qualsiasi parte provengano, non aprono le porte del cambiamento auspicato, se non si stravolge il sistema. Perché è quello che non funziona, nella sottocultura che ha nutrito ed alimentato un sistema di potere, di clientela e di corruzione che ha finito per mortificare le donne e gli uomini sani e puliti della Calabria, che ci sono.

E certo le ultime catalanate dell’eurodeputata non aiutano nessun@. Perché banali e scontate: meglio essere bell@ e brav@ che brutt@ e incapac@. Bene, brava, bis. Semmai offendono chi della bellezza non ha fatto motivo di affermazione pubblica nella politica. O forse no. Non lo so.

In questo scampolo di campagna elettorale sarebbe stato meglio alzare il livello del dibattito dentro e fuori il genere, perché forse è vero che di programmi non si vince, è vero che le idee rimangono spesso propositi che mai si realizzano, ma è soprattutto vero che consegnare a una donna o a un uomo l’orizzonte del nostro futuro, che vogliamo ampio, solo sulla base della fiducia rischia di essere un salto nel vuoto. Abbiamo imparato da sempre ad essere, anche, straordinarie equilibriste. E continueremo ad esserlo. Ma per quanto tempo ancora?

Antonella Veltri, consigliera Nazionale Donne in Rete contro la violenza (D.i.Re), responsabile stampa e istituzioni Centro antiviolenza Roberta Lanzino-Calabria.

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