L'amministratore delegato Carlo Messina smantella le “operazioni di sistema”. E cede le concessioni agli stranieri che da dieci anni provano a entrare nel mercato italiano
Distruzione di denaro a mezzo di denaro. La vera specialità della grandi banche italiane trova compiuta espressione nella vicenda dell’autostrada Brescia-Padova, la più florida d’Italia. La banca Intesa Sanpaolo, che ne controlla il 51 per cento, ha deciso di venderla alla concessionaria autostradale spagnola Abertis, che da anni cerca il modo di entrare nell’interessante mercato italiano: pur nell’instabilità politica, c’è sempre un governo pronto a fare regali ai signori del casello. La trattativa da mesi va avanti lentamente perché intorno a quei 180 chilometri di asfalto stanno esplodendo una serie di contraddizioni che meritano di essere osservate.
Italiani o stranieri? – Abertis cercò di prendersi la Brescia-Padova già dieci anni fa, quando invece fu conquistata da una cordata di imprenditori bresciani riuniti intorno a Rino Gambari. Tre anni dopo gli spagnoli furono a un passo dal farsi mollare dalla famiglia Benetton tutta la rete della società Autostrade, oltre tremila chilometri presi nel 1997 a prezzo da saldo alla bancarella delle privatizzazioni del governo Prodi. A firmare la vendita fu l’allora presidente dell’Iri Gian Maria Gros-Pietro, grande amico del professore di Bologna. Dieci anni dopo, nel 2007, Prodi era di nuovo a Palazzo Chigi e Gros-Pietro era presidente di Autostrade. L’economista torinese stava dando la rete italiana agli spagnoli, l’economista bolognese si mise di traverso.
Nel 2009, alla morte di Marcellino Gavio, Abertis cercò invano di convincere il figlio Beniamino a vendere il secondo gruppo italiano, la Sias, 1.300 chilometri di pedaggi da incassare.Adesso Abertis sta per prendersi la Brescia-Padova. Il presidente del consiglio di gestione di Intesa è Gros-Pietro. Nulla si crea e nulla si distrugge, o meglio: con il denaro dei cittadini nulla si crea, nelle carriere dei manager nulla si distrugge. Scudo umano contro la vendita agli spagnoli è il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi: “Giù le mani dall’autostrada, vendere agli spagnoli sarebbe un errore gravissimo – ha detto – Tutti gli amministratori locali considerano fondamentale avere un interlocutore italiano in società, per un ritorno preciso e puntuale del servizio sul territorio”. Siccome si tratta di una striscia di cemento e asfalto che giace immobile in mezzo alla pianura, non si capisce di quale servizio preciso e puntuale parli Tosi, se non si considera che dalla Brescia-Padova egli è il presidente.
Pubblici o privati? – Le partecipazioni societarie degli enti territoriali sono un mistero della fede. Tra gli azionisti di minoranza della Brescia-Padova figurano la provincia, il comune e la Camera di commercio di Milano, Bergamo, Verona e Vicenza, provincia e Camera di Commercio di Brescia e Venezia, la Camera di Commercio di Padova. In tutto sono 17 enti che per mettere insieme il 32 per cento della capogruppo A4 Holding tengono immobilizzato un capitale di 2-300 milioni con l’unico scopo apparente di procurare gettoni di presenza a loro clientes. Da tempo il governo ha ordinato agli enti locali di dismettere le partecipazioni di minoranza non strategiche, ma i politici del lombardo-veneto non ci pensano nemmeno. Invece dismette Intesa Sanpaolo, precipitosamente.
La storia della Brescia-Padova è incomprensibile. Dieci anni fa il pacchetto privato decisivo era in mano a Unicredit. La banca allora guidata da Alessandro Profumo se ne liberò vendendo il 20 per cento della A4 Holding alla cordata Gambari per 200 milioni. L’imprenditore non disponeva della cifra ma fu finanziato da Intesa.Era l’epoca d’oro in cui le banche erano così ricche da poter perpetuare lo scambio di affari e clienti cattivi in quella girandola vorticosa che rendeva tutto invisibile. Era l’epoca di Corrado Passera, che portò con sé al vertice della banca Mario Ciaccia, fino a quel giorno funzionario dello Stato, per affidargli l’edificazione della Biis, la banca per le infrastrutture. Un’operazione così brillante che il giorno dopo l’uscita di Passera e Ciaccia, entrati nel governo Monti a novembre 2011, la Biis è stata chiusa. Ovviamente Gambari, essendo uno dei mitici privati che sanno cos’è l’efficienza, è riuscito a mandare in crisi anche un’autostrada. Nel 2009 l’austero Sole 24 Ore emise la severa diagnosi: “Finanza allegra”. Intesa non perse tempo, e con la solita conversione del debito in azioni è diventata una concessionaria autostradale. Era la “banca di sistema”, cara al presidente Giovanni Bazoli e al suo azionista forte, Giuseppe Guzzetti della Fondazione Cariplo: con i soldi di azionisti e depositanti si mettevano le toppe ai sistemi di relazioni.
Riusciranno a vendere? – Anche il successore di Passera, Enrico Cucchiani, ha continuato l’espansionismo autostradale. Poi è arrivato l’uomo nuovo, Carlo Messina, che un anno fa ha detto basta: via tutte le partecipazioni, basta con la banca di sistema. Gros-Pietro si è scoperto nuovo anche lui e in una solenne intervista al Corriere della Sera (di cui Intesa è azionista) ha detto: “Chiuderemo con chiarezza la stagione delle cosiddette operazioni di sistema”. La svolta è stata così repentina che, mentre venivano emesse le alate parole, la banca continuava a “promuovere lo sviluppo delle grandi infrastrutture domestiche”, come si legge nel bilancio 2013, finanziando la Pedemontana Lombarda, la Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano), la Brescia-Padova, la Tangenziale Esterna Est di Milano.
Tutte società di cui Intesa è azionista oltre che finanziatrice, secondo la regola della banca di sistema. E adesso, nella fretta di vendere, restano due problemi sottovalutati. Primo: il prezzo. Intesa controlla il 51 per cento di A4 holding, ma demoltiplicando le scatole cinesi il suo possesso reale è il 35 per cento, un pacchetto che ha in bilancio a 400 milioni. Ma difficilmente Abertis riconoscerà alla Brescia-Padova un valore di oltre 1,1 miliardi, visto che tre anni fa, quando il traffico autostradale era più intenso, il fondo F2i non andò oltre una valutazione di 870 milioni. Secondo: se gli spagnoli arriveranno a fare la cosiddetta due diligence, cioè una verifica capillare dei libri contabili, potrebbero scoprire cose non belle sulla gestione degli anni passati e molta polvere nascosta sotto i tappeti. Anche per questo non mancano, dentro la stessa Intesa, fieri oppositori della vendita: sono i vecchi combattenti della “ banca Paese” che conoscono le porcherie fatte a sostegno del “sistema” e a maggior gloria di Dio. Teniamoci pronti, sulla Brescia-Padova lo spettacolo non mancherà.
Da Il Fatto Quotidiano del 19 novembre 2014