È morto il cardinale Fiorenzo Angelini. “Romano de’ Roma”, classe 1916, cuore giallorosso, storico porporato della cordata di Giulio Andreotti nella Democrazia Cristiana. Era stato soprannominato il “Richelieu delle medicine” e “Sua Sanità” per i suoi rapporti con dottori e case farmaceutiche, ma soprattutto per essere stato il primo “ministro della Sanità” della Santa Sede. Incarico che mantenne per più di 11 anni, dal 1985 al 1996. Anche Papa Francesco ha voluto pregare in suo suffragio, nell’aula Paolo VI, incontrando i partecipanti alla Conferenza internazionale sull’autismo promossa dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, dicastero fondato da San Giovanni Paolo II nel 1985 proprio dietro la spinta di Angelini che ne fu il primo presidente. Fondatore dell’Associazione dei medici cattolici italiani, sono tantissimi i soprannomi attribuiti al porporato tra cui, quello forse più irriverente: “Monsignor due stanze”. Con Angelini amico, difficile non trovare posto in una clinica.
Nel film “Il divo” sulla vita di Andreotti, scritto e diretto dal regista napoletano Paolo Sorrentino, è l’attore Achille Brugnini a far rivivere sul grande schermo “Sua Sanità”. Quando Karol Wojtyla chiese al porporato, a cui lui stesso aveva imposto la berretta rossa nel 1991, perché avessero bruciato la corsa di Andreotti al Quirinale dopo Francesco Cossiga, Angelini, preso alla sprovvista, rispose: “Padre Santo, penso che tutto questo gli accada per tre ragioni. Per la sua posizione convinta e forte per l’unità europea che non tutti vogliono. Per la sua politica filoaraba, che poi è anche la posizione della Santa Sede. E la terza ragione è perché si vuole la fine del partito della Democrazia Cristiana, della quale Andreotti, oggi in particolare, è il cardine”. Dell’amicizia che lo legava al politico Dc, sette volte presidente del Consiglio, Angelini ne è sempre stato molto “fiero”.
Un rapporto nato nella borgata romana di Pietralata, dove negli anni Quaranta Andreotti, con altri giovani della Fuci, portava aiuti alle famiglie della parrocchia di San Michele Arcangelo, dove prestava servizio proprio don Fiorenzo. “Non ebbi paura – raccontò Angelini – nel pieno della bufera che lo investiva, di invitare Andreotti ogni anno a intervenire con una relazione alla conferenza internazionale che il dicastero della Curia romana da me diretto organizzava in Vaticano. La forte stretta di mano di Giovanni Paolo II ad Andreotti, nel novembre del 1995, nel pieno della sua vicenda giudiziaria fu vista con sospetto persino in ambienti a lui vicinissimi. Ogni volta che, in quel periodo, lo incontravo, il Santo Padre mi chiedeva del senatore Andreotti, pregandomi di riferirgli che ogni giorno pregava per lui. E me lo diceva mostrandosi addolorato per la vicenda che lo aveva investito”.
Quando con Tangentopoli crollò la Dc e con essa la corrente legata ad Andreotti, quella di Paolo Cirino Pomicino, Giuseppe Ciarrapico, Salvo Lima, Franco Evangelisti, mentre Vittorio Sbardella detto “lo squalo” si era già sfilato dai fedelissimi, “Sua Sanità” non esitò a confessare ai pochi e fidati amici di essere “molto, ma molto amareggiato” per quanto stava avvenendo. Duilio Poggiolini, che fu direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del ministero della Sanità, coinvolto nell’inchiesta “Mani pulite” e additato come membro della loggia massonica “P2”, citò il porporato con i giudici: “Tutti avevano paura di monsignor Angelini, del suo potere immenso. Raccomandava i suoi, segnalava certi imprenditori farmaceutici, pretendeva per loro un trattamento di riguardo, condizionava, dettava legge, lo faceva attraverso i suoi referenti, nella Cuf, la Commissione unica del farmaco, e nel Cip farmaci”. Accuse pesantissime anche da alcuni “industriali pentiti”: “Facevamo offerte ad Angelini per i suoi congressi, per l’attività del Pontificio Consiglio, pagavamo per paura di rimaner tagliati fuori, per paura di ritorsioni”. “Oboli, soltanto oboli”, ribatteva indignato l’allora portavoce vaticano, Joaquín Navarro-Valls. Accuse alle quali Angelini ha sempre risposto con il silenzio: “Io sono solo un prete, vivo da semplice prete. Ricevo chiunque abbia bisogno, dalla donnetta con la borsa della spesa al professore della clinica universitaria”.