L‘Italia è al primo posto tra i Paesi che hanno presentato all’Ue la lista degli investimenti previsti per beneficiare del sostegno del piano Juncker, che prevede circa 1800 progetti per un valore complessivo intorno ai 1100 miliardi di euro. Per il triennio 2015-2017, Roma ha presentato un elenco da 87,1 miliardi di euro con centinaia di progetti nei settori dei trasporti, dell’energia, delle telecomunicazioni e dell’istruzione. L’Italia è in cima alla lista, davanti a Gran Bretagna (62,7 miliardi), Spagna (51) e Francia (48,4).
È quanto comunicato dall’ultimo rapporto della Task Force costituita da Commissione e Bei (Banca Europea degli Investimenti) sul piano di cui si discuterà mercoledì al Parlamento europeo, che prevede 300 miliardi complessivi di investimenti. La lista dei 25 paesi che hanno inviato i loro progetti, da cui mancano ancora Germania, Olanda e Portogallo, prevede 396 miliardi di investimenti per il prossimo triennio e sarà sul tavolo dell’Ecofin il prossimo 9 dicembre. Dopo le ovvie discussioni, verrà riesaminata al vertice europeo di fine anno. Anche perché la discussione sugli strumenti finanziari da utilizzare per sostenere gli investimenti e sul loro ‘quantum’ è ancora in corso.
Prima di diventare definitiva, la lista dei progetti da finanziare subirà inevitabilmente sforbiciate e razionalizzazioni, anche attraverso accorpamenti e simili. Intanto però l’Italia, in questa corsa al sostegno Ue, parte in pole position. E la possibilità che gli investimenti destinati alle opere presentate a Bruxelles possano essere scorporati dal calcolo di deficit e debito rende l’operazione ancora più interessante per il nostro Paese.
Nel rapporto della task force si legge che mediamente nell’Ue gli investimenti sono diminuiti del 15 per cento, con un calo dal 25 al 60% per i Paesi maggiormente colpiti dalla crisi, a causa di un “circolo vizioso che deve trasformarsi in un circolo virtuoso”. “Faremo in modo che progetti d’investimento – spiegano – contribuiscano a un incremento dell’occupazione, della domanda ma soprattutto a un sostanziale incremento del potenziale di crescita”.
In allegato al rapporto, figura nel dettaglio la lista degli investimenti dell’Italia, per un costo complessivo di 217 miliardi, pari al 14% del Pil nazionale. I progetti coprono tutto il territorio nazionale e vanno dallo sviluppo di elettrodotti alla realizzazione di gasdotti, di smart grid e iniziative per l’efficienza energetica. A questi si aggiungono quelli regionali per lo sviluppo delle reti a banda larga e quelli che riguardano collegamenti autostradali, ferroviari, scali portuali e aeroportuali. Sono previsti anche interventi a favore delle piccole e medie imprese, di iniziative nel campo della ricerca e dell’innovazione nonché in quello dell’istruzione e della formazione.
Il premier, Matteo Renzi, aveva parlato venerdì del piano del nuovo presidente della Commissione europea: “Noi sosteniamo Juncker solo dopo la sua decisione di fornire un messaggio di cambiamento con piano di investimenti. Lo vedremo, la priorità è di scorporare nei 300 miliardi gli investimenti da deficit“. Il premier era intervenuto al meeting romano di Business Europe, il cui presidente, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che i 300 miliardi sono “una buona base di partenza, ma non bastano”.
Il numero uno di Confindustria, Squinzi, si è augurato che il piano Juncker sia un primo passo concreto per una politica di cambiamento da parte dell’Ue: “In Europa c’è urgente bisogno di rilanciare la crescita e abbiamo bisogno anche di una politica fiscale a lungo termine per sostenere la domanda aggregata”. Il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, parlando nel corso di un convegno promosso a Firenze da EuNews, ha chiesto chiarezza sulle tipologie di investimenti: “All’Europa si chiede che il piano Juncker sia una cosa seria e che quindi ci siano effettivamente le risorse e gli strumenti per raccogliere trecento miliardi di investimenti tra pubblici e privati, ma investimenti nuovi, investimenti aggiuntivi”.