Maurizio Landini ha sbagliato a dire che Matteo Renzi “in questo Paese non ha il consenso delle persone oneste”, e infatti se n’è scusato. Non ha invece fatto ammenda per l’errore davvero imperdonabile che ha commesso pronunciando la parola “onestà”, una caduta di stile insopportabile come gli fanno notare illustri editorialisti su autorevoli quotidiani, ma a nostro sommesso avviso senza la necessaria durezza. A questo sindacalista che si ostina ad alzare la voce e a gesticolare ogniqualvolta si parla di lavoratori in esubero o in attesa di nuova collocazione (lui li chiama “disoccupati”, termine dal suono piuttosto volgare) bisognerebbe insegnare oltre alla buona creanza un uso più accorto della lingua italiana.
Onestà è un’espressione intrisa di quel moralismo e di quella morale (ultimo rifugio dei farabutti parafrasando Samuel Johnson quando parlava del patriottismo) che fino dai tempi di Enrico Berlinguer hanno fuorviato intere generazioni con una visione settaria e violenta che non a caso trova le sue radici “nella mistica della ghigliottina tanto cara a Robespierre”, come acutamente ha notato Pierluigi Battista sul Corriere della sera.
Chi siamo noi, per distinguere l’onesto dal disonesto poiché se è opinabile definire qualcuno, per esempio, corrotto (anche se fosse colto mentre intasca una tangente sarebbe colpevole, ricordiamolo, solo dopo il terzo grado di giudizio e sempre che non scatti una legittima prescrizione o qualche benedetto indulto), siamo sicuri caro Landini che i suoi presunti “onesti” lo siano per davvero e non nascondano, per dire, qualche multa non pagata e che al bar richiedano sempre lo scontrino? E poi, come opportunamente si chiede Cesare Martinetti, sulla Stampa, chi è per Landini “chi lavora?”. “Gli iscritti alla Fiom?” . “Tutti?”. Eh, eh, ci siamo capiti…
Davvero intollerabile, infine, è la discriminazione quasi razzista della dicotomia landiniana tra buoni e cattivi: non siamo forse tra i paesi al mondo dove girano più mazzette (superiamo perfino il Ghana) senza contare il record planetario dell’evasione fiscale e l’impunità assicurata a tutti coloro che possono permettersi un bravo avvocato anche se, per ipotesi, avessero mandato al creatore tremila persone avvelenandole con l’amianto? E delle mafie che comunque danno lavoro a tante brave persone, che ne vogliamo fare?
Lo sa il virtuoso Landini che l’economia illegale tiene a galla gran parte della nostra meravigliosa penisola? Vuole forse le barricate per le strade in nome di un astratto concetto di etica con cui, diciamolo non si mai sfamato nessuno (caso mai è il contrario)? Quindi caro segretario della Fiom, faccia la cortesia, riponga nel cassetto certe visioni passatiste e demagogiche. Per dirla con il pragmatico Giuliano Ferrara “la smetta di farci perdere tempo”, si rassegni al nuovo che avanza ed eviti di dare spago “a una questione morale, o meglio moralistica che autorizza il rilancio di un’atmosfera girotondina che la difficile situazione sociale sta rendendo sempre più avventuristica e drammatica” (Martinetti).
Lasci lavorare in pace il nostro amato premier che sta “rivoluzionando il Paese da sinistra” (Repubblica). E la smetta di usare parole che possono essere delle vere bombe. Dia retta, se anche gli onesti esistessero, per ragioni di alta politica e di ordine pubblico andrebbero chiamati diversamente disonesti. O meglio ancora “cosi”, come ci insegna il compagno Lotito.
Il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2014