Società

Roma città aperta: note dal congresso mondiale dei migranti

Ci sta col titolo del film di Roberto Rossellini. Girato a Roma sotto l’occupazione nazista che si spegneva nella disfatta. Una città aperta a 300 rappresentanti del mondo. Invitati migranti che hanno viaggiato da tutti i continenti . Sono capitati assieme per scoprire come crearne un altro. Quello che non è disegnato nelle cartine geografiche della globalizzazione. Lei è stata inventata per fingere di unire i mondi. Invece non sono solo che i mercati a circolare. Sarà processata dai poveri per alto tradimento. E in ultimo liquidata come si fa con le merci inservibili. Chi di mercato ferisce di mercato perisce.

Invece l’altro continente esiste e resiste. Sono storie che si incrociano per imparare a disegnarlo assieme. Solo da lontano si apparenta con Babilonia. La confusione delle lingue non diventa la lingua della confusione. A guardare da vicino assomiglia ad una casa comune. Una casa di popoli che celebrano nella convivialità. Un continente alla forma di città aperta.

All’inizio c’è una diaspora. Ci si dis-perde senza sapere dove. Così sono le migrazioni da quando il mondo ha cominciato a funzionare. Le migrazioni camminano tra la diaspora e la collaborazione. Era questo il tema che ha guidato il congresso. Sostituendo con la parola sviluppo che è passata di moda e anzi se la passa male. Sviluppo di chi, di cosa e da che parte. C’era una volta il terzo mondo che appariva nella nuova frontiera di Kennedy. Sono nati i ‘corpi di pace’ che preparavano la guerra successiva. Spie del potere alcuni e spie del sistema altri. All’ombra del Vaticano che con Francesco ritrova vigore sapienziale.Tra diaspore e sviluppi ci sono quelli che si spostano. Sono in viaggio e i migranti di questo raccontano. Quando passano frontiere neanche fossero feritoie. Nel senso di ferite non rimarginabili a corto termine. Ti spogliano della tua dignità di donna e palpeggiano i luoghi intimi come bersaglio per intercettare i soldi. C’è chi piange sulla città tradita.

Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.

Hanno posto queste righe di una poesia di Giorgio Caproni. Sulla prima pagina del quaderno del programma. Giusto per i partecipanti al congresso. I costruttori di una città aperta l’hanno intuito. Loro sono una generazione TRA. Una via di mezzo tra la partenza e un arrivo che non arriva mai. Non si va da nessuna parte. Solo si torna a casa. Quella che non si è mai lasciata e che si trova differente senza dirlo. Sono fatti così quelli che migrano.Lasciano una casa per non trovarne un’altra. Non somiglia per nulla alla precedente. che non ricordano. Erano trecento e disegnavano la città aperta. Invece di frontiere c’erano linee. A loro interessano quelle che separano chi ha e chi è stato derubato. La linea che separa la giustizia dalla dominazione e la disuguaglianza. La linea che si traccia ogni giorno tra chi ha diritto di viaggiare e chi deve mendicarlo.La linea della violenza che esclude. Quella che rende invisibile chi non compra mercanzie.I migranti sono disegnatori di linee di inclusione. Progettano ponti semplici e ponti ad arcate. Quelli levatoi sono smantellati. La città porta le strade piene di nomi.

Tutti hanno preso la parola e tutti ascoltavano. Ognuno con la lingua degli altri. La cultura solo serve per comunicare. Giordania, Tanzania, India e persino gli Stati Uniti d’America. Le Seychelles, lo Sri lanka, la Nigeria con le ragazze di Benin City raccontate da Isoke che era arivata sui marciapiedi d’Italia prima di altre. Le Filippine che fabbricano donne migranti che spesso lasciano i figli dall’altra parte. Poi si occupano di una vecchia e dei figli degli altri finché non crescono. Il Sudafrica che si ingoia la rivoluzione ugualitaria. La Cina di Taiwan che offre una cena di gala per tutti. L’Australia che rinchiude i migranti arrivati tardi, la Slovenia e la Germania. Il Ghana e la Croazia, il Giappone che prende le foto e il Belgio che nel suo piccolo ha creato un impero senza fine.L’Olanda, lo Sri Lanka, Malta e la Polonia. Del Perù che vale sempre tanto, della Spagna col re, del Nicaragua che era Sandinista e ora capitalista, della Repubblica Domenicana che non va d’accordo con Haiti, col Brasile che non si è più rimesso dalla duplice delusione: il campionato mondiale e la rielezione di Wilma. La cittadinanza è per tutti. I trecento delegati migranti sono partiti con un pezzo di mondo. Esportano l’altro continente che assomiglia a una città aperta.

Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato/ho ritrovato il bicchiere mai riempito. Tutto è ancora rimasto/ quale mai l’avevo lasciato.Tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato, ora so – ne sono certo:non ci sono mai stato. (G..Caproni).