Il 27 novembre parlerà la parte civile. Per il 3 dicembre è prevista l’arringa difensiva e il 17 dicembre, a cinque anni dal primo verdetto, sarà emessa la sentenza. L'accusa: "Ha sistematicamente cercato di ostacolare le indagini"
Trenta anni di reclusione. Questa la pena che secondo il pg di Milano, Laura Barbaini, deve essere inflitta ad Alberto Stasi, imputato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto del 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi, che all’epoca del delitto era studente della Bocconi, è stato assolto in primo grado e in appello, ma la Cassazione ha annullato il verdetto di secondo grado e rinviato gli atti. Così la scorsa primavera è iniziato davanti ai alla corte d’Assise d’appello di Milano il processo d’appello bis e i giudici hanno deciso l’acquisizione di prove e nominato nuovi periti. Il pg ha chiesto ai magistrati di riconoscere l‘aggravante della crudeltà.
Oltre agli elementi già noti, i giudici dovranno valutare la perizia sulla camminata (per gli esperti nominati dalla corte è quasi impossibile che il giovane non si sia sporcato le scarpe di sangue), i graffi che il ragazzo aveva sul braccio quando fu interrogato dopo il ritrovamento del corpo (di cui ha parlato un carabiniere ma che non furono fotografati), e il mistero dei pedali di due biciclette (che per accusa e parte civile furono scambiati). Il giorno dell’omicidio di Chiara una testimone vide una bici nera da donna davanti al cancello di casa della studentessa. Ma la bici di nera di proprietà della famiglia Stasi non fu sequestrata all’epoca perché non aveva il portapacchi visto dalla tese. Fu invece prelevata un’altra bici di colore bordeaux sui cui pedali furono trovate tracce di Dna della ragazza. Nei mesi scorsi la parte civile ha sostenuto che ci fu un “cambio di pedali” tra le due bici in possesso dell’imputato e che se fosse stata sequestrata la bici nera non si sarebbe trovato nulla perché appunto i pedali sarebbero stati scambiati.
Secondo l’accusa l’imputato ha “sistematicamente” cercato di ostacolare le indagini con omissioni che sono andate al di là del diritto di difesa. “In tanti anni di attività non si è mai verificato che due sentenze avessero escluso” un accertamento “così importante” come quello relativo alla camminata di Stasi, sui due gradini della scala della villetta dei Poggi sulla quale il giovane trovò il corpo senza vita di Chiara. I nuovi esami, disposti dalla Corte d’assise d’appello nell’ambito della rinnovazione parziale del dibattimento, hanno invece compreso anche quei due gradini e sono arrivati a stabilire appunto la quasi impossibilità che Alberto non si fosse sporcato di sangue le suole delle scarpe. Il 27 novembre parlerà la parte civile. Per il 3 dicembre è prevista l’arringa difensiva e il 17 dicembre, a cinque anni dal primo verdetto, sarà emessa la sentenza.