“L’astensionismo ha colpito il Movimento 5 stelle. Non si può continuare a dire che va tutto bene”. Il giorno dopo le elezioni regionali, a parlare è Massimo Artini, deputato toscano M5s. Parte dal 13,3 per cento in Emilia Romagna, dall’esclusione dal consiglio regionale in Calabria. E contraddice Beppe Grillo che sul blog scrive “a perdere è stata la democrazia, ma rispetto al 2010 si sono guadagnati voti”. Chiede un confronto per affrontare errori e responsabilità. Alle ultime elezioni interne per scegliere il capogruppo alla Camera, il parlamentare ha perso per 11 voti ed è diventato il punto di riferimento di un gruppo alternativo a quello definito dei “talebani“. Fino ad oggi non si è mai esposto pubblicamente, ma dopo le richieste di alcuni colleghi ed attivisti, ha deciso di raccontare le sue idee in un’intervista. “Non abbiamo convinto il 60 per cento delle persone. Dobbiamo chiederci perché gli elettori hanno preferito stare a casa piuttosto che votarci. Essere onesti non basta, servono anche qualità”.
Elezioni regionali 2014, i 5 stelle tra Emilia Romagna e Calabria perdono 400mila voti rispetto alle Europee di maggio scorso. Beppe Grillo scrive: “L’astensionismo non ci ha colpito”. Ma non tutti tra i suoi condividono la posizione. Artini critica il paragone dei risultati di oggi con quelli delle scorse Regionali: “Non è credibile perché dal 2010 i 5 stelle sono cresciuti, sono sul territorio e sono conosciuti in tutta Italia”. Le responsabilità, dice, vanno cercate nei territori. Tra chi ha organizzato le campagne elettorali e chi non si mette in discussione. “I parlamentari sono responsabili di non aver avuto il coraggio di prendere delle decisioni”. Artini non dà colpe al fondatore del Movimento, Grillo, ma in merito a Gianroberto Casaleggio chiede un confronto con i parlamentari in assemblea.
L’Emilia Romagna, d’altronde, è il laboratorio che ha sempre anticipato le tendenze del Movimento 5 stelle. Il 2010 a cui si appella il leader è l’anno che ha consacrato il buon risultato di Giovanni Favia. Fu l’inizio di una scalata, dalla Regione alla vittoria di Federico Pizzarotti al Comune di Parma, che anticipò il risultato delle politiche del 2013. Per questo ora il risultato in controtendenza della candidata Giulia Gibertoni preoccupa gli attivisti. I critici tra la base e il parlamento crescono: hanno aspettato le elezioni regionali per esprimere malumori e perplessità e hanno chiesto ad Artini di farsene portavoce. Già un mese fa il parlamentare toscano era finito al centro delle accuse del blog: a luglio ha organizzato una votazione online, autorizzata dallo staff, ma senza passare dal via libera di Casaleggio. Ha anche aiutato per alcuni mesi i deputati a gestire il server parlamentari5stelle.it, gestione poi sconfessata dal blog. Ma una parte del gruppo a Montecitorio ha preso le difese di Artini, evitando fino a questo momento la rottura.
Artini, perché ha deciso di parlare adesso?
Non mi piace fare interviste sul Movimento 5 stelle e sui nostri problemi interni. Non le ho mai fatte. Ma questa mattina mi sono confrontato con tanti attivisti che mi hanno scritto e chiamato. E sono loro che mi hanno chiesto di parlare di questo risultato.
Grillo dice che l’astensionismo non vi ha colpito. Lei è d’accordo?
Non mi ricordavo che l’obiettivo fosse il 2010, forse nei principi. Pensavo che volessimo presentarci come un’alternativa. Come si fa a dire che non ci ha colpito? Non abbiamo convinto il 60 per cento di persone che si sono astenute. Non dimentichiamoci che nel 2010 il risultato era stato enorme: non ci conosceva nessuno, non eravamo sul territorio. Ora quando parliamo di Movimento 5 stelle sappiamo di cosa si sta parlando.
L’Emilia Romagna del 2010 non è paragonabile a quella del 2014?
Non è un confronto credibile. Basti pensare alla nostra presenza sul territorio. Lì siamo partiti, lì eravamo stabilmente eletti nei consigli comunali. E invece questa volta le persone sono andate a votare per altri partiti. Ed è un disastro. Non si può continuare a dire che va tutto bene.
E qual è la soluzione che lei offre?
Questa situazione va affrontata. Qualcuno di noi ha la sindrome di Pollyanna: diciamo solo le cose che fanno comodo e continuiamo a ripetere che va tutto bene. Invece chiedo di affrontare la situazione e cercare di capire il perché e il per come di quello che è successo. Paradossalmente quando non pensavamo ai voti prendevamo più consensi. Ora che si rincorrono le preferenze invece continuiamo ad andare male.
Grillo dice che ha perso la democrazia.
Fino a qualche mese fa dicevamo che eravamo noi a dover salvare la democrazia italiana. Che eravamo noi l’alternativa. Io non voglio criticare nessuno. Questi sono i fatti, sono i dati usciti dalle elezioni. Nascondere tutto non ti fa salvare la situazione: siamo arrivati ad un punto in cui siamo poco credibili.
Perché il Movimento avrebbe perso credibilità?
Non si può dire solo che gli altri fanno schifo, devo dimostrare che sono bello io. Posso essere onesto ma non avere qualità. L’onestà è fondamentale, ma devi dimostrare anche qualcosa in più. Dobbiamo farci le giuste domande, ora più che mai chiederci perché la gente ha preferito restare a casa piuttosto che votare noi nonostante l’onestà e la coerenza che abbiamo dimostrato.
Chi ha sbagliato?
Non credo che si debba incolpare ora qualcuno. E’ necessario capire le cause. E soprattutto capire che certe persone che sono considerate da noi autorevoli, forse non lo sono più per i nostri elettori. Sono state gestite male le campagne elettorali sul territorio. Ad esempio a Bologna, i due consiglieri comunali (Massimo Bugani e Marco Piazza ndr) dovrebbero farsi delle domande. Come si è arrivati a questa situazione?
Grillo e Casaleggio?
Io non do colpe Beppe, il fondatore del Movimento. A Casaleggio? Voglio che prima ci confrontiamo in assemblea. Certo, capisco che dobbiamo camminare sulle nostre gambe, ma questo non può avvenire da un giorno all’altro. Ci sono dei passaggi graduali.
Dopo le Europee di maggio scorso, serve una nuova autocritica per il Movimento?
Anche noi parlamentari siamo responsabili di questo risultato. Siamo responsabili di non avere avuto il coraggio di prenderci responsabilità. Di tirare fuori proposte autonome. Tutti abbiamo sempre paura di esporci. Ce lo dicono anche gli attivisti.
Di Battista dice: “Torniamo in piazza”.
Sono parzialmente d’accordo. In piazza ci siamo tutti i weekend, ma vengono sempre gli attivisti. Una volta, quando eravamo noi attivisti, ci confrontavamo anche con quelli che non votavano come noi. Invece adesso ci piace andare nelle agorà dove ci sono solo i nostri sostenitori. Ma un tempo eravamo pronti a parlare anche con quelli di altri partiti, confrontarci per confutare le loro posizioni. Ora andiamo a incontrare i soliti.
Cosa deve cambiare secondo lei?
Certe persone devono tornare a svolgere bene i propri ruoli. Tutti devono avere la capacità di dire ho sbagliato. Io me lo chiedo sempre e me lo chiedo anche oggi. Io chiedo un confronto serio con gli altri parlamentari: lo chiedo da dopo le elezioni della Basilicata del 2013. Lì avevamo preso il 12 per cento e per carità era un buon risultato. Ma c’era stato oltre il 50 per cento di astensione. Perché non siamo riusciti anche lì a parlare a chi non voleva andare a votare? A ottobre 2014 abbiamo preso poco più del 2 per cento a Reggio Calabria. Perché abbiamo detto che andava tutto bene? Se dobbiamo imparare a camminare con le nostre gambe, dobbiamo anche imparare a risolvere i problemi da soli.
Il Movimento rischia di scomparire se non cambia qualcosa?
No. Lo spirito è forte. Ne ho parlato anche con gli attivisti e vogliamo solo andare avanti.