Era tutto previsto, tutto scontato ed è successo: il Pd stravince in Calabria. Quando sono le 4 del mattino, Mario Oliverio, per tutti già il Presidente, parla sulla piazza che ospita il suo quartier generale. Sullo schermo i dati: Oliverio 64,75%, Wanda Ferro (candidata di Forza Italia e di altri segmenti del centrodestra) 21,41; Nico D’Ascola, Ncd-Udc, 7,72; Cono Cantelmi (Movimento Cinque Stelle) 4,62; Domenico Gattuso (liste di sinistra) 1,92. Trionfo annunciato, plebiscito alla ‘nduja, ma sulle macerie della democrazia. Perché anche in Calabria la gente ha rifiutato le urne, qui ha votato il 43,8% degli aventi diritto, nel 2010 il 59%. Meno di un calabrese su due.
Nella regione più povera d’Italia, ultima in tutti gli indicatori economici, dove l’emigrazione verso il nord e la Germania rischia di toccare i livelli degli anni Cinquanta del secolo scorso, la gente non crede più alla politica. E non vota. Oliverio balla da solo e lo sa, certo fa impressione quella percentuale che supera il 60% e che, se confermata dai dati definitivi, assicurerà al centrosinistra ben 20 consiglieri su 30, ma i problemi sono enormi. Il primo è la composizione delle 8 liste che hanno sostenuto Oliverio, zeppe di riciclati dell’ultima ora. Ex di Forza Italia e di quel variegato mondo politico che ruotava attorno allo sconfitto di questa tornata elettorale, Giuseppe Scopelliti, l’ex governatore costretto a lasciare la Regione per una condanna a sei anni, personaggi della vecchia politica e qualche “impresentabile” già rinviato a giudizio. Il secondo problema è tutto calabrese ed è dentro l’alta percentuale di consensi. Si tratta di quel 10-15% di voti manovrato dal sistema di affari che ruota attorno alla politica senza eccessive distinzioni di bandiere e di schieramenti che condiziona da sempre la vita della Regione e dei suoi apparati.
Certo fa impressione quella percentuale che supera il 60% e che, se confermata, assicurerà al centrosinistra ben 20 consiglieri su 30, ma i problemi sono enormi
Mario Oliverio è l’uomo dei record. È il presidente eletto con il più alto numero di astenuti degli ultimi vent’anni, ma è anche l’unico ad aver superato la soglia del 60%. Nel 2000 Giuseppe Chiaravalloti, centrodestra, vinse rasentando il 50%, nel 2005 fu la volta di Agazio Loiero e del centrosinistra col 59, cinque anni dopo vinse di nuovo il centrodestra con Peppe Scopelliti al 58. “È una grande responsabilità – dice Oliverio all’alba arringando i suoi – non mi nascondo l’astensione, non sottovaluto il dato di una protesta che affonda le sue radici in un fortissimo malessere sociale”. Stravince Oliverio e con lui il Pd, ma non quello di Renzi. Perché qui la rottamazione non è passata, strangolata nella culla dagli epigoni del fu Partito comunista. Una classe dirigente di uomini e donne che ha attraversato tutte le stagioni della vita politica. Sempre loro, candidati ovunque, famiglie e famigli, mogli e mariti, fratelli e sorelle, al governo reale o alla finta opposizione inciucista.
Tracolla il centrodestra una volta qui sempre vincente. Le truppe di Berlusconi si sono divise in due tronconi, da una parte Forza Italia, dall’altra Ncd-Udc
Tracolla il centrodestra una volta qui sempre vincente. Le truppe di Berlusconi si sono divise in due tronconi, da una parte Forza Italia, dall’altra Ncd-Udc, tutti insieme non sono riusciti a far dimenticare la triste stagione di Scopelliti, i tre consiglieri regionali arrestati, lo scioglimento del Comune di Reggio per mafia, lo scandalo prossimo venturo dei rimborsi allegri alla Regione. E balla fino all’ultimo momento dello spoglio finale e del risultato definitivo, l’Ncd. Se non riuscirà a superare la soglia di sbarramento dell’8% saranno dolori innanzitutto per Angelino Alfano, che in Calabria ha il suo piccolo forziere di voti, e per lo stesso governo Renzi.
In Calabria sarà il giorno della caduta degli dei per i fratelli Tonino e Pino Gentile, padroni del partito e signori delle clientele a Cosenza e dintorni. “Bisogna rispettare gli elettori, governeremo con le forze che hanno sostenuto Oliverio e il suo programma”, così il neogovernatore ha risposto alle indiscrezioni su possibili inciuci, l’acccurduni, lo chiamano da queste parti, con i Gentile e l’Udc. Staremo a vedere. Non votano i calabresi stanchi della malapolitica, protestano e non si affidano al movimento di Grillo che non arriva al 5%, lontanissimo dal quorum e dalla speranza di portare almeno un candidato in Consiglio regionale. Quel 20% e più delle politiche è un mesto ricordo, i quattro deputati e due senatori eletti in quella occasione una chimera. Qui i pentastellati sono spaccati, divisi, in guerra tra di loro come nelle peggiori tradizioni della politica passata. Da una parte i deputati schierati col senatore Nicola Morra, dall’altra quelli fedeli al senatore Francesco Molinari. Una guerra fatta anche a colpi di dossier. Sullo sfondo l’incapacità di cogliere la complessità e la durezza del sistema di potere calabrese.