La pellicola è difficilmente incastrabile nei generi o filoni cinematografici. “E infatti io non ho pensato alle regole cinema, non ho pensato a stare dentro qualcosa, ho solo pensato ad esprimermi come penso di saper fare attraverso un mezzo a me inedito" dice la regista e interprete Eleonora Danco
È uno “strano oggetto d’arte audiovisiva” il primo film italiano concorrente alla sezione principale, Torino32. Scritto e diretto dall’esordiente alla regia cinematografica Eleonora Danco, già affermata donna di teatro, performer, artista d’avanguardia scenica, N-Capace attrae curiosità già dal titolo, che sbeffeggia la (non)capacità e gioca col romanesco. Essenziale nella sua forma d’ibridazione documentaria, teatrale e videoartistica, pone la protagonista – la stessa Danco – al centro di una serie di riflessioni sull’esistenza attraverso un cinema assai (meta)fisico e un personaggio (lei stessa) ironicamente chiamato Anima in pena che vaga sospesa tra Roma e la natìa Terracina in compagnia di un letto alla ricerca di voci “solo di giovani e di anziani” che si raccontano.
A produrglielo il talentuoso Angelo Barbagallo, 250mila euro di budget, ma tanto, tantissimo girato: “35 ore, ho riscritto maniacalmente il film 40 volte, rimontato noi sai quante, scegliere è un’attività tanto inevitabile quanto faticosa, il cinema costringe a prendersi responsabilità come nella vita”. E tre sono le parole che Eleonora sceglie (scherzando) per sopravvivere: “Ribellione, musica e sonno”. Se il sonno evoca quel letto semovente e la musica “le sta addosso” quale elemento connaturale, è il termine “ribellione” a definire forse meglio il senso profondo del film. Anche se, a conti fatti & visti, nulla si ribella nel classico senso comune della parola. Negli 80’ di durata di N-Capace si assiste alla ritmata alternanza di voci/corpi che – spesso vestiti da bianchi antichi greci, come lei stessa deambulante per Roma reggendo una falce – dicono la loro sui grandi temi del vivere contemporaneo ed eterno: le relazioni, il sesso, la religione, il sapere, la famiglia, la morte.
“La generazione di mezzo è assente perché mi interessava lavorare sul vuoto, nel senso che sia i ragazzi che gli anziani non sono produttivi: i primi non ancora, i secondi hanno già dato. Noi invece siamo ancora dentro al vortice del fare, del realizzare, delle…bollette”. Si ride parecchio grazie alle battute (involontarie) estratte come proteina vitale dagli intervistati “tutti rigorosamente preparati non tanto nel senso del copione ma nel senso dell’essere il più autentici possibile. Ad esempio, se chiedevo a un adolescente di farmi suo padre, non doveva imitarlo ma doveva esserlo, entrarci dentro e poi restituirmelo. Non li ho mollati un attimo, li ho portati alla pazzia, in senso buono naturalmente..!”. E i protagonisti mostrati dalla Danco sono magnifici: ragazzi delle borgate o di Terracina sinceri come l’acqua più pura che cantano o gesticolano pronunciando parole e frasi in cui credono, anziani che candidamente raccontano la loro prima volta, e soprattutto il padre di Eleonora, l’unico che può permettersi di non rispondere, “perché questi sono fatti privatissimi”. Il tutto per raccontare senza retorica tanto, troppo vuoto di valori del contemporaneo “e non dell’attuale”, specifica la Danco. Visivamente originale, musicalmente imponente (la firma è di uno dei guru contemporanei della musica elettronica, Markus Acher), N-Capace è difficilmente incastrabile nei generi o filoni cinematografici. “E infatti io non ho pensato alle regole cinema, non ho pensato a stare dentro qualcosa, ho solo pensato ad esprimermi come penso di saper fare attraverso un mezzo a me inedito”. La speranza è che venga distribuito.
La giornata torinese ha trovato interesse (e pubblico attento) anche alla presentazione dei finora inediti extra del Dvd di Belluscone di Franco Maresco (in uscita il 2 dicembre), introdotti da Marco Travaglio e da Emiliano Morreale, conservatore della Cineteca Nazionale. Un film che Travaglio ha ribattezzato come “Renzuscone”. Il motivo? “Basta pensare che dopo il crollo della partecipazione popolare alle elezioni di ieri, Matteo Renzi ha commentato “dettaglio secondario”. Secondo Travaglio, il film di Maresco “è tanto più politico laddove non parla di politica, intendo dire che le parti strettamente politiche sono proprio quelle in cui parla di canzoni, di neomelodici, di quartiere. Pensiamo che questa è la gente di cui hanno più bisogno i politici – ha incalzato Travaglio – perché sono quelli che andranno sempre a votare – in eterno – militarmente spinti e organizzati affinché non sbaglino il modo di votare. Ecco, i politici avranno sempre bisogno di questo tipo di elettorato. Le grandi periferie, non solo urbane, spiegano la ragione per cui si vota contro ogni cambiamento: è qui che viene teorizzato il non-cambiamento”. Ma perché Ciccio Mira – il protagonista del film – è così significativo in Belluscone? “Beh – dice Marco Travaglio – lui è la sorpresa del film, un uomo che è ancora più Berlusconi di Berlusconi, in quanto ancor più spudorato. Peccato Franco Maresco sia il vero dilapidatore di se stesso, perché avrebbe potuto girarne otto di Belluscone con il materiale che aveva. Pensiamo al materiale con Dell’Utri che si presta al gioco e inizia a dire cose importanti, addirittura a parlare dei misteri sulla morte di Mattei che non si è mai capito se conosce o meno, ecco queste sono scene incredibili che con una sceneggiatura non verrebbero mai così bene”.