“Non farti vedere per strada da solo perché ti ammazzo. Poi faccio fuori tutta la tua famiglia”. Milano, Quarto Oggiaro. Fabio Galesi (nella foto), 27 anni, consigliere del Partito democratico di Zona 8, è all’ingresso del palazzo di via Pascarella 33, casermone popolare di una delle periferie più difficili del capoluogo. Sta parlando con la portinaia, quando viene affrontato a muso duro dal padre (piccolo malavitoso con parecchi precedenti) del “Pulce”, o il “Vallanzasca di Quarto Oggiaro”, il ragazzo di appena 17 anni che nel quartiere si dà arie da boss ed è salito agli onori delle cronache nazionali grazie alle sue scorribande, a una rivolta inscenata nel 2012 nel carcere minorile Beccaria, e alle evasioni dalle comunità che lo hanno ospitato.
A raccontare le minacce subite, con alcuni post su Facebook, è lo stesso consigliere che a ilfattoquotidiano.it spiega: “Dal 2011, da quando mi sono insediato, denuncio i comportamenti criminali della famiglia del ‘Pulce’ che abita nel condominio accanto a quello di mia nonna, in via Pascarella. Da troppo tempo queste persone tengono in ostaggio l’intero palazzo abitato da tanti condomini onesti. Utilizzano la cantina come un magazzino per la merce rubata, dove nascondono motorini, rame ed elettrodomestici. Hanno trasformato il cortile in una discarica. E il ‘Pulce’, quando è fuori, si diverte a spaccare senza motivo i vetri del condominio. E’ una situazione insostenibile. Anche se sono regolari, devono essere allontanati dallo stabile. E’ una questione di legalità”.
Oggi l’affronto faccia a faccia, il secondo a pochi mesi di distanza. Perché a luglio era stato “il piccolo Vallanzasca” a lanciare un avvertimento a Galesi “colpevole” di essere andato ad accertare di persona gli ennesimi vandalismi compiuti dal ragazzino. Un episodio che venne subito segnalato al commissariato. “Questa mattina stavo parlando con il portinaio, ad un tratto sono stato aggredito dal padre del ‘Pulce’ – racconta il consigliere – Ha detto che con la mia denuncia di questa estate ho fatto finire in carcere il figlio, e che se avessi continuato mi avrebbe crivellato la testa e ucciso i familiari. Mentre la mamma si è affacciata dal balcone e ha iniziato a lanciarmi addosso ortaggi e il fratello inveiva”. Sul posto è intervenuta subito una volante della polizia che ha accompagnato i tre in commissariato dove si è presentato anche Galesi, per la quinta volta in tre anni, per formalizzare la denuncia per minacce. Lo ha fatto, scrive su Facebook, “per tutelare i miei familiari. Ma soprattutto mia nonna, che è la vicina di casa di questa famiglia malavitosa”.
Che qui, negli uffici di via Satta 6, è molto conosciuta. Il 26 luglio scorso, furono proprio gli uomini del vicequestore Antonio D’Urso – che di queste strade conoscono vita, morte e miracoli – a riacciuffare il “Pulce” che dopo la condanna in primo grado a 7 anni di carcere arrivata a maggio (porto abusivo d’armi, tentato omicidio, tentata estorsione e lesioni), era scappato da una comunità protetta in provincia di Alessandria ed era tornato a Quarto Oggiaro, dove aveva affrontato il consigliere Pd. Storie da via Pascarella: teatro, il 31 ottobre 2013, dell’esecuzione di Pasquale Tatone, capo di una delle famiglie criminali più blasonate del quartiere, che venne fulminato da tre pallettoni calibro 12, a pochi giorni di distanza dall’omicidio di suo fratello Emanuele. Sullo sfondo, i delicati equilibri dello spaccio di droga, ricostruiti minuziosamente dai poliziotti di D’Urso e dai colleghi della squadra mobile.
A Galesi sono arrivate decine i messaggi di solidarietà su Facebook. E per domani (mercoledì 27 novembre) è stato organizzato alle 19 il presidio “Io non ha paura” in piazzetta Capuana. “Chiunque pensi di intimidire Fabio e tutti noi che vogliamo una città libera e giusta sappia che non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo. A Fabio e alla sua famiglia va la vicinanza mia e di tutta la giunta, oltre a un grande abbraccio”, è il commento del sindaco Giuliano Pisapia. “Anche con il coltello alla gola continuerò a lottare affinché questa famiglia sparisca dal quartiere, perché non è solo un problema del sottoscritto ma un problema della collettività”, dice Galesi.