L'impresa si faceva pagare dal Comune, ma ai parenti dei morti davano le ceneri di altre persone. I cadaveri venivano accatastati senza distinzioni. Poi venivano bruciati a casaccio. Ma potrebbe finire con un solo colpevole
Si facevano pagare le cremazioni, ma ai parenti dei morti davano le ceneri di altre persone. I cadaveri venivano accatastati in fosse comuni, sotto un metro di terra: tutti insieme e senza distinzioni. Alcuni chiusi in sacchi neri con la testa staccata, insieme a feti, provenienti dagli aborti spontanei. Poi venivano bruciati a casaccio. Tutto solo per risparmiare, per creare più guadagno con i rimborsi ricevuti dal Comune. Lo scandalo delle cremazioni al cimitero di Mirteto, in provincia di Massa Carrara, sconvolse tutta l’Italia. Ora tutto può finire nel nulla a causa della prescrizione, ancora una volta. A processo, dopo che patteggiarono in 4, finirono infatti in 13 tra dirigenti e impiegati di una società partecipata (la Euroservizi), un dipendente del Comune e un carabiniere in pensione. Le famiglie che si erano costituite parte civile erano 150 su 2mila coinvolte (tante sono le salme che si sospetta siano state cremate in modo illegale). Ma ora tutto può finire con un solo colpevole e per giunta con una pena ridotta, vale a dire il titolare della Euroservizi, Renato Alibani, che in primo grado era stato condannato a 7 anni. “Oltre ai miei assistiti ci sono altre centinaia e centinaia di famiglie che aspettano una risposta da questo processo – spiega l’avvocato Emiliano Pianini, che tutela 125 famiglie – Sono persone che non sanno e, forse non sapranno mai, che fine abbiano fatto i resti dei propri cari. E la beffa, oltre all’inganno, è che forse nemmeno ci sarà un colpevole per tutto questo. Proprio come nel caso Eternit”.
I carabinieri scoprirono questa storia nel 2008 dopo le segnalazioni che arrivavano di odori nauseanti che uscivano dal cimitero. I 13 che furono rinviati a giudizio furono chiamati a rispondere a vario titolo di associazione a delinquere, sottrazione e dispersioni di ceneri, falso ideologico, corruzione, truffa, peculato, abuso di ufficio. A parte Alibani, gli altri potrebbero uscirne senza macchia, perché teoricamente colpevoli ma giuridicamente non punibili.
Il primo grado del processo si è concluso lo scorso dicembre dopo tre anni. Dopo due anni di dibattimento infatti tutto è ricominciato da capo, a pochi giorni dalla sentenza, perché Cosimo Ferri, che faceva parte del collegio dei giudici, nel frattempo era stato nominato sottosegretario alla Giustizia. Ci sono stati poi i ricorsi dopo le condanne e solo a settembre sono arrivate alla Corte di appello di Genova le carte. Ma intanto il reato di truffa ai danni dell’amministrazione pubblica, per aver finto di cremare le salme e richiesto rimborsi, si è prescritto. Entro un anno finirà in prescrizione anche il reato di falso, contestata a Renzo Fialdini, funzionario del Comune del settore cimiteri, che rilasciava le attestazioni di merito a Euroservizi per farla partire da una posizione di riguardo nelle gare di appalto di altri enti. Entro quella data a malapena verrà fissata l’udienza in appello e non ci sarà tempo sicuramente per la Cassazione. Cancellati gli 8 mesi di pena. A lui, il pubblico ministero Federico Manotti, impugnando la sentenza di primo grado, contesta anche l’abuso di ufficio. Ma in questo caso la prescrizione arriverà prima, a febbraio 2015, e l’appello non comincerà nemmeno. Per gli operai che lavoravano nella ditta (e che quindi materialmente avevano realizzato le fosse) a cui è stato contestato il reato associativo, come componenti, invece, tutto dipenderà dalla macchina giudiziaria: sono infatti giudicabili fino al 2016. In due anni dovrebbero passare da Corte d’appello e Cassazione. Difficile credere che la giustizia faccia in tempo. Facendo un calcolo quindi sono solo due i reati (dei 28 iniziali) che arriveranno sicuramente a sentenza definitiva: il peculato e l’associazione a delinquere. Il colpevole rimarrebbe quindi uno solo, appunto: il titolare della società.