La domanda è: perché mai gli italiani dovrebbero correre festanti ai seggi elettorali invece di evitarli come la peste? Una vecchia battuta americana sostiene che i politici sono quei tipi che si fanno invitare a pranzo, ti fregano le posate, corteggiano tua moglie e poi ti chiedono il voto. Con un’altra battutaccia si potrebbe dire che, come se non bastasse, la classe politica italiana ha portato il Paese alla bancarotta, che si tratta di nominati che pascolano senza molto costrutto nelle varie assemblee e che pur percependo ricchi emolumenti finanziano con i nostri quattrini l’acquisto di slip e vibratori per uso personale.
Mai nella lunga storia repubblicana il ceto politico era stato oggetto di una tale, massiccia impopolarità venata di vero e proprio disgusto. La novità è che adesso quasi nessuno fa finta di allarmarsi e anzi c’è chi vede nell’astensionismo collettivo “anche un elemento di modernità e di normalità” (Folli su Repubblica). Mentre Matteo Renzi che non ha tempo da perdere rottama la democrazia rappresentativa con cinque semplici paroline: “L’affluenza è un problema secondario”. Amen. Impegnato com’è a cambiare l’Italia lo statista di Rignano incassa soddisfatto il “2 a 0” (Emilia-Romagna e Calabria) e non sa che farsene dei numeri assoluti (rispetto alle Europee di sei mesi fa il “suo” Pd ha perso la bellezza di 769 mila voti). Con questo sistema il giorno, poniamo, che le percentuali di voto scendessero al dieci o al cinque per cento ci sarebbe sempre una Boschi o una Picierno a ricordarci che il nuovo che avanza avrebbe pur sempre il sostegno del 41 per cento degli elettori.
La verità è che da oggi Renzi guida un governo di estrema minoranza e che la grande fuga elettorale rafforza la contestazione della sinistra pd e della Cgil in Parlamento e nelle piazze. Senza contare che di fronte alla catastrofe di Forza Italia (meno 222 mila voti) la decenza politica imporrebbe al premier di accantonare il patto del Nazareno visto che l’altro contraente, Berlusconi rischia di contare come il due di picche travolto dal si salvi chi può degli ex dc guidati da Fitto.
Dalla disfatta non si salva il M5S (meno 400 mila voti) i cui vertici farebbero bene a non negare ciò che è sotto gli occhi di tutti, che cioè una parte del voto di protesta sta lasciando deluso le sponde grilline per rifluire nell’astensionismo. In questo panorama vince solo la Lega di Matteo Salvini, che con Casa Pound miete consensi nell’unico granaio elettorale rigoglioso: quello dell’intolleranza xenofoba e della disperazione fascistoide. L’Italia vede nero.
Il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2014