Due giorni fa a Piazza Pulita, su La7, l’imprenditore-politico romano Alfio Marchini ha detto che l’Italia deve ristrutturare il suo debito perché così non è più sostenibile e impedisce la ripresa. Un’impresa cerca di convincere i creditori a un rinvio dei rimborsi o a uno sconto quando non è più in grado di pagarli. Per uno Stato sovrano, che ha continuo bisogno di finanziarsi sul mercato, equivale al default.
La crescita non si vede, il Pil nel 2015 crescerà al massimo dello 0,5-0,6 per cento, il debito aumenterà ancora al 133,8 per cento, il deficit sarà almeno il 2,7 (ma molti si aspettano che, a consuntivo, quel del 2014 risulterà superiore al 3 per cento, trascinando al rialzo il dato 2015 e innescando sanzioni europee). La manovra è piena di buchi, tra clausole di salvaguardia, tagli lineari dall’impatto incerto e misure anti-evasione che, seppur descritte come serie dai tecnici, possono essere valutate davvero soltanto ex post. Se i mercati fossero razionali, dovrebbero guardare con maggiore sospetto all’Italia, soprattutto ora che la Banca centrale europea sembra bloccata tra le promesse di Mario Draghi e i veti del tedesco Jens Weidmann. Invece gli investitori continuano a trattarci con benevolenza. Quando nella finanza ci sono cose inspiegabili, spesso si tratta di bolle, cioè di comportamenti assurdi basati su ipotesi sbagliate. Tutte le bolle scoppiano. E di solito fanno molti danni.
Twitter @stefanofeltri
il Fatto Quotidiano, 26 Novembre 2014